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flussi migratori

L’immigrazione in Italia: valutare informati (3)

Terzo e ultimo appuntamento con l’approfondimento sul fenomeno dell’immigrazione a cura del Centro studi della Fondazione Turati. Stavolta il direttore Luciano Pallini si concentra sulle stime riguardanti le caratteristiche qualitative dei flussi migratori, offrendo un’analisi ragionata del rapporto esistente tra sbarchi, presenze irregolari e richieste di protezione o di asilo.

Dopo una prima parte dedicata agli stranieri residenti in Italia e un secondo articolo sui flussi extracomunitari, l’analisi del Centro studi sul fenomeno dell’immigrazione si completa con un approfondimento sulle stime riguardanti le caratteristiche qualitative dei flussi migratori.

  1. Gli sbarchi delle rotte mediterranee

La  questione immigrazione in Italia ha il suo nervo scoperto negli sbarchi illegali in Italia. Una questione che va avanti da anni e che ha visto un’eccezionale acutizzazione in concomitanza con la crisi siriana quando masse sterminate e dolenti hanno attraversato  la Grecia e la Turchia e poi i Balcani per giungere  in Germania dove la Cancelliera Merkel aveva aperto le braccia a questo popolo in cammino.

Un’apertura che è durata l’espace d’un matin perché la questione migranti ha stravolto gli equilibri politici della Germania, paese che garantiva e garantisce la stabilità europea.

Una rapida marcia indietro e porte chiuse ai migranti hanno sigillato le principali rotte europee salvo quella del Mediterraneo centrale che ha come destinazione l’Italia.

I dati sono inequivocabili: nei primi sei mesi del 2017 gli sbarchi in Italia sono stati oltre 85.000 mentre dalla seconda rotta per numero di arrivi, quella del Mediterraneo, sono stati poco più di 13.000.

 

 

Il comprensibile allarme richiede una lettura ravvicinata che vada oltre il dato quantitativo per comprendere le caratteristiche qualitative dei diversi flussi migratori: di fronte a questa situazione non sembrano funzionare i meccanismi di ricollocazione decisi a livello di Unione Europea mentre restano in vigore le norme del regolamento di Dublino con l’obbligo di domanda di asilo nel primo Paese di approdo.

Gli ingressi irregolari dalle rotte mediterranee nel triennio 2014 – 2016 sono stati quasi un milione e seicentomila, dei quali oltre un milione nel solo 2015.

Due paesi si sono sobbarcati questo peso, la Grecia con 1.070.00 ingressi e l’Italia con 505.000 ingressi: ma se si prescinde dall’eccezione 2015 emerge con chiarezza che l’unico paese sul quale si esercita una costante pressione migratoria è l’Italia.

 

Sbarchi per paese di approdo  dalla rotta mediterranea

Anno Grecia Italia Malta Spagna Total Med
2014 41.038 170.100 568 4.348 216.054
2015 856.723 153.842 105 4.408 1.015.078
2016 173.447 181.436 0 6.826 361.709
Totale 1.071.208 505.378 673 15.582 1.592.841

Le nazionalità di provenienza più numerose  sono state gli eritrei (oltre 94.000), i nigeriani (quasi 70.000) i siriani (50.000 ma nel 2016 il flusso si è pressoché interrotto) e poi, con numeri oscillanti tra 20 e 30.000, ci sono i migranti dal Gambia, dal Pakistan, dal Mali, dalla Somalia, dal Sudan, dal Senegal.

 

  1. Richieste di protezione internazionale

Per restare in Europa la strada maestra è quella di chiedere protezione internazionale sulla quale si pronuncia la Commissione Territoriale competente decidendo se rilasciare o meno un permesso di soggiorno, che può assumere tre forme diverse che sono:

Asilo politico: riconosciuto con status di rifugiato a chi dimostri un fondato timore di subire nel proprio paese una persecuzione personale ai sensi della Convenzione di Ginevra (per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche)[1]

Protezione sussidiaria: rilasciata quando  il soggetto non dimostri di aver subito una persecuzione personale ai sensi dell’art. 1 della Convenzione di Ginevra del 1951, ma tuttavia dimostri il rischio di subire un danno grave se tornasse nel suo paese di origine[2]

Permesso di soggiorno umanitario: rilasciato quando non sussistono i requisiti  né per l’asilo politico, per la protezione sussidiaria quando sussistono seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali dello Stato italiano[3]

Nel periodo 2008-2016 sono complessivamente sbarcati in Italia quasi 670.000 irregolari dei quali soltanto poco più di 410.000 hanno presentato domanda di protezione: più di un irregolare su tre (il 38%) non risulta aver presentato domanda.

Le statistiche soprattutto dei migranti sbarcati sono complesse: si può ragionevolmente ritenere che una parte – rifiutando l’Italia come paese in cui presentare domanda – sia riuscito a passare clandestinamente all’estero o popoli quei luoghi sospesi che si chiamano in Italia Ventimiglia piuttosto che il Brennero o la stazione centrale di Milano e che in Francia sono ad esempio Calais.

Complesse, oltre l’economia di queste brevi note, le comparazioni internazionali tra ingressi e richiedenti protezione mentre sono disponibili quelle sui richiedenti protezione, che offrono spunti per meglio valutare la situazione italiana.

 

 

  1. I richiedenti asilo: una analisi ravvicinata

I dati  sui richiedenti  sono stati riorganizzati per trienni:

  • 2008-2010 di quasi normalità, se questo termine può applicarsi alla questione migranti;
  • 2011-2013 segnato dalle primavere arabe che hanno inciso in particolare sui paesi della quarta sponda, Tunisia e Libia;
  • 2014-2016 con l’esplosione della crisi in Siria e in Iraq e della guerra dell’ISIS

Sono oltre 5 milioni le domande di protezione presentate in Unione Europea nei nove anni che vanno dal 2008 al 2016: si è passati dalle circa 750.000 domande del 2008-2010 a quasi 1,1 milioni del 2011-2013 fino all’esplosione del triennio 2014-2016 con più di 3,2 milioni di richieste.

In Germania sono state presentate nell’arco dei nove anni quasi 1,8 milioni di domande seguita dalla Francia con oltre 550.000 mila e dalla Svezia con 480.000 domande che precede l’Italia con  410.000.

La presentazione della domanda misura sia la propensione di un paese all’accoglienza (anche per far fronte a carenze di forza lavoro) sia le preferenze individuali che dipendono dalla ricchezza e dalle opportunità offerte dai diversi paesi.

Le reazioni a livello di opinione pubblica dipendono sia  dalla massa dei richiedenti sia dalla velocità di crescita del fenomeno, anche in paesi di consolidata presenza di immigrati stranieri: in Ungheria le domande di protezione sono cresciute del 2400%, da meno di 10.000 a 250.000, in Germania l’incremento è stato del 1200%  fino ad 1,4 milioni dell’ultimo triennio, in Italia del 370% mentre la Francia, paese tradizionalmente aperto, ha proseguito con una moderata crescita pur scontando forti tensioni per gli attacchi del terrorismo islamico cui è stata soggetta.

 

Richiedenti asilo e first applicants

  2008-2010 2011-2013 2014-2016 Totale 2008-2016 Variazione 2014-2016

su 2008-2010

Belgium          62.860                81.015                85.650              229.525 36,3%
Denmark          11.135                17.160                41.795                70.090 275,3%
Germany        108.230              257.425            1.424.310            1.789.965 1216,0%
Greece          46.085                27.110                73.745              146.940 60,0%
Spain          10.260                10.470                36.150                56.880 252,3%
France        142.185              185.035              224.745              551.965 58,1%
Italy          57.780                84.270              271.125              413.175 369,2%
Hungary            9.935                22.740              249.340              282.015 2409,7%
Netherlands          46.485                40.745                90.410              177.640 94,5%
Austria          39.540                49.335              158.450              247.325 300,7%
Poland          25.645                32.875                32.515                91.035 26,8%
Finland          11.665                  9.220                41.570                62.455 256,4%
Sweden          80.810              127.775              272.420              481.005 237,1%
United Kingdom          56.000                86.300              112.680              254.980 101,2%
Totale UE 28        748.385            1.075.420            3.210.695            5.034.500 329,0%

 

Se calcoliamo la quota di domande presentate in ciascun paese rispetto al totale dell’Unione Europea, l’Italia fa la sua parte ricevendo oltre l’8% delle domande di protezione: la precedono la Germania (35,6% , un dato destinato a calare), la Francia (11%, un dato stabile nel tempo di un paese che fa la sua parte) e dalla Svezia, poco al di sotto del 10%.

Ovviamente rapportate alla popolazione le domande offrirebbero un quadro diverso ma è anche una volontà degli irregolari rifiutando l’identificazione in Italia nella speranza di riuscire in altro paese dove avviare le procedure.

 

Alcune caratteristiche  del fenomeno degli ingressi irregolari  in Italia 2008-2016

  Totale Donne Fino a 17 anni 18-34 Minori non accompagnati su totale minori richiedenti
Belgium 4,6 34,1           29,7           49,3        13,0
Denmark 1,4 28,0           28,3           51,9        31,9
Germany 35,6 34,1           33,8           47,8        12,1
Greece 2,9 24,1           19,2           62,9        14,7
Spain 1,1 34,6           19,9           56,7          1,3
France 11,0 36,8           20,6           53,8          3,5
Italy 8,2 13,4             8,3           80,8        48,3
Hungary 5,6 20,2           25,3           60,1        16,6
Netherlands 3,5 32,1           26,5           51,4        21,6
Austria 4,9 28,6           36,4           47,7        22,0
Poland 1,8 47,3           43,5           35,7          5,9
Finland 1,2 22,2           24,2           57,9        33,9
Sweden 9,6 33,5           35,1           43,7        35,4
United Kingdom 5,1 32,6           21,3           53,0        39,0

 

Ma ci sono alcune caratteristiche dei richiedenti asilo in Italia rispetto agli altri paesi:

  • ci sono poche donne, solo il 13% rispetto al 35% di Francia, Germania  e Svezia   e quindi l’Italia si trova a dover fronteggiare una massa di richiedenti asilo maschi;
  • ci sono pochissimi minori, poco più dell’8%, rispetto al 30% dei principali paesi di destinazione;
  • i minori non accompagnati sono quasi la metà del totale dei minori richiedenti asilo, anche questo dato anomalo nel panorama europeo;
  • sono nella stragrande maggioranza giovani tra 18 e 34 anni: oltre l’80% contro dati attorno al 40%-50% dei paesi più significativi a livello continentale.

Queste caratteristiche in parte dipendono dalla difficoltà di una rotta d’ingresso assai faticosa ma anche dalla natura della migrazione che è essenzialmente di natura economica: a chi ricorda che anche gli italiani hanno alimentato nei secoli imponenti flussi migratori va fatto presente che ben pochi entravano da clandestini: Ellis Island è lì a ricordarcelo.

I trafficanti – attenti alla comunicazione – sono consapevoli che questa immagine può essere controproducente ed intervengono: la recente ripresa degli sbarchi dalla rotta libica è iniziata con un barcone pieno soprattutto di donne e bambini.

È evidente che questo quadro desunto dalle statistiche conferma l’immagine che quotidianamente è sotto gli occhi del paese, sui  mezzi pubblici, fuori dei negozi a mendicare, in parte inseriti in attività criminali: ai vecchi la naturale irruenza ed impudenza dei giovani soprattutto in branco fa paura, sia che si tratti di italiani sia che si tratti di stranieri con i quali è assai difficile comunicare. E l’Italia è un paese vecchio, demograficamente ma anche dentro, rifiuta le sfide, il nuovo si attacca alle certezze del passato che rapidamente si sbriciolano.

Non mancano certo esperienze importanti e positive di integrazione  ma il quadro disegnato non è lontano da quello percepito dai cittadini.

 

  1. La protezione accordata e quella negata  

A quelle richiamate sopra si aggiunge un’altra questione: se quasi la metà delle domande (46,7%) ha un esito positivo – seppure al di sotto del 55% – 60% di Germania, Svezia, Danimarca, Olanda – l’analisi del tipo di protezione accordata mostra significative differenze: solo il 7,6% è rappresentato dal riconoscimento dello status di rifugiato mentre ben il 22%  è costituito da protezione umanitaria che non dipende da persecuzioni in atto o temute, ma da obblighi di solidarietà umana, una quota assolutamente eccezionale tra i paesi europei.

 

Totale domande di protezione esaminate ed accolte per tipologia di protezione acordata e totale dinieghi

  totale positive Ginevra protezione umanitaria protezione sussidiaria respinte
Belgium 173.955 34,7% 27,0% 0,0% 7,7% 65,3%
Denmark 52.065 59,9% 38,8% 2,1% 19,0% 40,1%
Germany 1.243.995 55,5% 38,3% 3,0% 14,2% 44,5%
Greece 114.730 8,6% 6,8% 0,3% 1,4% 91,4%
Spain 37.855 33,7% 6,1% 0,2% 27,4% 66,3%
France 502.295 20,6% 15,8% 0,0% 4,8% 79,4%
Italy 325.850 46,7% 7,6% 22,2% 17,0% 53,3%
Hungary 24.255 13,8% 5,1% 1,9% 6,8% 86,2%
Netherlands 155.830 57,8% 15,0% 11,3% 31,5% 42,2%
Austria 159.895 47,6% 35,9% 0,5% 11,2% 52,4%
Poland 32.535 28,1% 4,8% 9,5% 13,8% 71,9%
Finland 43.420 40,3% 17,2% 6,1% 17,0% 59,7%
Sweden 355.455 55,7% 16,3% 3,1% 36,4% 44,3%
United Kingdom 243.715 32,7% 26,3% 5,9% 0,5% 67,3%
European Union 3.573.215 44,3% 24,9% 4,6% 14,8% 55,7%

 

Quella umanitaria è protezione a termine di breve durata che genera aspettative insoddisfatte che vanno ad aggiungersi  alle frustrazioni di chi si è visto respingere la domanda: si genera così una massa di irregolari che è assai difficile rimpatriare e che le strutture preposte dallo SPRAR non riescono a gestire e che sono a rischio: l’OIM delle Nazioni  Unite “ritiene che circa l’80% delle migranti nigeriane arrivate via mare nel 2016 sia probabile vittima di tratta destinata allo sfruttamento sessuale in Italia o in altri paesi dell’Unione Europea”.

Per non parlare dei minori scomparsi: a fronte di oltre 70.000 sbarcati nel triennio 2014-2016 risultano richieste di protezione per neanche uno su tre, poco meno di 23.000 (totale fino a 17 anni): esistono sicuramente spiegazioni almeno per parte di questa “scomparsa” ma non riescono ad eliminare le preoccupazioni sulla sorte di tanti ragazzi.

 

  1. Una stima della presenza straniera in Italia ed il suo impatto sul futuro

Nel Rapporto sulle Migrazioni 2016 di Fondazione ISMU è elaborata una stima del totale della presenza straniera in Italia che agli stranieri regolari residenti (5.026.000)  aggiunge gli stranieri regolari ma non residenti, in possesso  cioè di un regolare permesso di soggiorno ma che non risultano iscritti all’anagrafe di nessun comune italiano (in questi rientrano i rifugiati) e che sono stimati in 410.000 al primo gennaio 2016.

In tutto sono poco più di 5,4 milioni di regolari tra i quali non sono comprese  tre categorie di migranti: i richiedenti asilo, coloro che sono appena arrivati e non rientrano ancora nelle statistiche, e i migranti irregolari o clandestini che dir si voglia. Complessivamente l’ISMU – tenuto conto delle presenze nel sistema  SPRAR e delle richieste di protezione  in corso di valutazione – li stima in oltre 435.000 portando così quasi 5,9 milioni il totale degli stranieri, residenti e non, regolari ed irregolari, presenti in Italia nel 2016.

 

Stranieri presenti in Italia 2014-2015-2016: regolari, residenti e non, e irregolari

Anno Totale regolari irregolari
residenti non residenti
01/01/2014 5.666.000 4.922.000 394.000 350.000
01/01/2015 5.829.000 5.014.000 401.000 414.000
01/01/2016 5.871.000 5.026.000 410.000 435.000

 

Se a questi aggiungiamo il milione circa di cittadinanze complessivamente a stranieri che pur acquisendo la cittadinanza sono portatori di culture e valori propri, diversi da quelli italiani, la presenza straniera in Italia salirebbe a 7 milioni circa.

Hanno un impatto sul futuro dell’Italia ed assieme dell’Europa? Sul periodico New York Review of Books del 16 ottobre Sasha Polakow-Suransky  si pone un interrogativo: “Is Democracy in Europe Doomed?” ovvero, la democrazia in Europa è condannata? Ci sarà un giorno in cui non sarà  più “the only game in town”.

Il calo dei redditi, le crescenti disuguaglianze, la più che mediocre capacità di governo in molti paesi concorrono a spiegare questa disaffezione per la democrazia ma nell’Europa che riceve i migranti si ripropone la domanda  “Can Europe be the same with different people in it?”.

L’Europa può essere la stessa con persone diverse al suo interno? È la domanda che si poneva Cristopher Caldwell nel suo saggio “L’ultima rivoluzione dell’Europa”: l’Europa  non è una espressione geografica, uno spazio che può rimanere immutabile se cambiano i principi, i valori e la cultura di chi la abita. Caldwell sostiene che l’erosione dei tradizionali valori cristiani e la caduta di un forte sentimento di orgoglio nazionale indeboliscano l’identità dei paesi europei e di quella democrazia – che tra tanti conflitti e lacerazioni – faticosamente è stata costruita. 

 

 

[1] A seguito del riconoscimento dello status di rifugiato, la questura dovrà rilasciare il relativo permesso di soggiorno della durata di 5 anni rinnovabili. Il permesso dà diritto a chi ne è titolare di:
– Svolgere attività lavorativa sia autonoma che subordinata.

– Accedere al pubblico impiego.

– Accedere al servizio sanitario nazionale.

– Accedere alle prestazioni assistenziali dell’Inps.

– Accesso allo studio.

– Titolo di viaggio: lo Stato italiano ha l’obbligo di fornire al rifugiato un documento equipollente al passaporto.

– Ricongiungimento familiare: il titolare di asilo politico può richiedere l’ingresso in Italia dei propri familiari senza dover dimostrare i requisiti di alloggio e di reddito richiesti per i titolari di altri tipi di permesso di soggiorno.

– Cittadinanza italiana: i tempi previsti per poter richiedere la cittadinanza italiana per naturalizzazione sono ridotti alla metà, essendo necessari 5 anni di permanenza in Italia anziché 10.

[2] Il relativo permesso di soggiorno avente durata di 5 anni, viene rilasciato dalla Questura e può essere rinnovato. Il permesso dà diritto a chi ne è titolare di: svolgere attività lavorativa sia autonoma che subordinata, accedere al pubblico impiego, accedere al Servizio sanitario nazionale, accedere alle prestazioni assistenziali dell’Inps, accesso allo studio, ricongiungimento familiare; è possibile convertire il permesso di soggiorno per protezione sussidiaria in permesso di soggiorno per motivi di lavoro, rinunciando così allo status di protezione sussidiaria.

[3] La durata è variabile anche se la prassi vuole che venga concesso per un massimo di due anni rinnovabili e dà diritto a:a ccesso allo studio, accedere al Servizio sanitario nazionale, svolgere attività lavorativa sia autonoma che subordinata, conversione in permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Non è consentito il ricongiungimento familiare né è rilasciato titolo di viaggio.

 

Luciano Pallini | 30 Ottobre 2017 - 11:35 am
30 Ottobre 2017 | Luciano PalliniPubblicato in: Primo piano, NotizieArgomenti: Centro studi, immigrazione

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