Al road show di Intesa Sanpaolo a Pisa anche l’intervento del presidente della Fondazione Turati. Essenziale il ruolo del Terzo settore e di tutto il no-profit.
«Co-programmazione, co-progettazione, sussidiarietà, sono parole che la politica utilizza spesso ma alle quali poi non corrisponde nessun atto concreto»: è stato questo il filo conduttore, condiviso da molti interventi, del contributo che la Fondazione Turati – intervenuta con i suoi massimi vertici istituzionali, il presidente Giancarlo Magni, il direttore generale Maurizio De Scalzi e il segretario generale Giovanni Spiti, all’incontro “Diamo voce all’impatto” organizzato a Pisa da Intesa Sanpaolo e dedicato alle organizzazioni del Terzo Settore.
«Il welfare state, che è sostenuto dalla fiscalità generale – ha detto Magni nel suo intervento – non è più in grado di rispondere ai bisogni che emergono dalla società. L’invecchiamento della popolazione, il forte allungamento della vita, i nuovi diritti e l’aumentata sensibilità sociale richiedono sempre maggiori risorse. Nel 2030 solo per mantenere i servizi esistenti, dal punto di vista quantitativo e qualitativo, servirebbe un incremento della spesa pubblica superiore a 70 miliardi. Una cosa semplicemente impossibile visto lo stato della finanza pubblica».
È per questa ragione, per la Fondazione Turati, che bisogna passare dal welfare state alla welfare society. È indispensabile mobilitare tutte le energie della società civile per affiancare le risorse pubbliche, che saranno sempre più scarse, nel dare risposta alle tante necessità emergenti. In questo il ruolo del Terzo Settore e di tutto il no-profit è essenziale. Ma l’autorità pubblica deve cambiare il suo approccio nei confronti del comparto e considerare questi enti non come un mezzo attraverso il quale erogare servizi ad un costo minore ma soggetti che possono contribuire in modo autonomo, sia pure nel contesto di una programmazione generale, nel rispondere alle esigenze di una società che non è più quella del secolo scorso. Parimenti, dal canto loro, gli enti no-profit devono crescere in cultura e dimensione per essere in grado di accedere in modo autonomo al mercato finanziario e a quello assicurativo, in modo tale da convogliare nuove e importanti risorse sulla risposta alla nuova e crescente domanda di servizi. Un risultato questo, come hanno sottolineato alcuni interventi, e fra questi soprattutto quello del dottor Lecce, responsabile del settore Impact di Intesa Sanpaolo, che può essere ottenuto se si agisce anche sul settore normativo che ad oggi frena molte di queste possibilità.