A Pistoia il Nursery Campus ha ospitato un incontro promosso dal gruppo Pd in Consiglio regionale e dalla Commissione Sanità in vista degli Stati generali della salute in Toscana. Il dottor Maurizio De Scalzi, direttore generale della Turati e coordinatore del Comitato di coordinamento dei gestori delle Rsa toscane, è intervenuto sottolineando tematiche cruciali per il settore.
La Fondazione Turati ha preso parte all’appuntamento promosso a Pistoia, al Nursery Campus di via Bonellina, dal gruppo Pd in Consiglio regionale e dalla Commissione Sanità in vista degli Stati generali della salute in Toscana. Il pomeriggio ha visto intervenire amministratori locali, esponenti del Terzo settore, operatori sanitari e socio sanitari, e confrontarsi le realtà del territorio su tematiche oggi più importanti che mai, data la fase attuale. L’incontro è stato introdotto e coordinato da Federica Fratoni, consigliere regionale Pd e membro della Commissione Sanità, mentre le conclusioni sono state a cura di Enrico Sostegni, presidente della stessa Commissione.
Il direttore generale della Fondazione, il dottor Maurizio De Scalzi, ha preso la parola illustrando le principali problematiche per il settore delle Rsa. De Scalzi è inoltre coordinatore del Comitato di coordinamento dei gestori delle Rsa toscane, costituitosi nell’ultimo anno contestualmente a tali difficoltà e che proprio in vista degli Stati generali ha inviato nei mesi scorsi al presidente Sostegni alcuni spunti di riflessione. La pandemia ha infatti evidenziato limiti e criticità dell’attuale organizzazione ospedaliera e territoriale, criticità che tra l’altro hanno costretto molte Rsa a svolgere il ruolo improprio di strutture di fatto sanitarie per la cura e assistenza ad anziani non autosufficienti gravi affetti da Covid-19. L’intervento del dottor De Scalzi ha posto l’accento sulla necessità di ripensare il rapporto tra rete territoriale dei servizi sanitari e socio sanitari ed ospedale, alla luce sia dell’esperienza dell’emergenza sia delle tendenze demografiche caratterizzate dal progressivo invecchiamento della popolazione, accompagnato dall’accentuarsi di vecchie e nuove cronicità.
In quest’ottica, assistenza domiciliare e residenzialità assistita costituiscono risposte diverse, legate a differenti livelli di gravità e bisogni assistenziali. Tra le proposte da valutare ci sono ad esempio l’incentivazione di sperimentazione e realizzazione dei condomini assistiti, già esistenti in Italia e in Europa, e il ripensamento delle normative regionali sugli appartamenti protetti, ma anche il potenziamento della rete di assistenza domiciliare integrata per anziani assistibili al proprio domicilio, in presenza di rete familiare di supporto e/o badanti. La sperimentazione dovrebbe riguardare inoltre le reti integrate di servizi e di presa in carico di anziani fragili (al proprio domicilio) che vedano il proprio centro di riferimento nelle Rsa. Nelle strutture residenziali è invece indispensabile oggi più che mai superare i ricoveri impropri, programmando al loro interno un’offerta diversificata di servizi e prestazioni per rispondere in modo appropriato ai diversi bisogni delle persone anziane e dei grandi anziani non autosufficienti, sempre meno di tipo sociale e più di tipo sanitario. L’attuale (e unico) modello di Rsa deve essere superato, modificando con coraggio un quadro normativo ancorato a modelli organizzativi in cui coesistono diverse modularità assistenziali senza vere e proprie specializzazioni. Occorre inoltre ripensare le modalità di presenza del medico di medicina generale.
Altri punti dell’intervento hanno riguardato l’aumento delle risorse disponibili per la non autosufficienza (domiciliare e residenziale) e del numero effettivo degli assistiti/giornate di degenza in Rsa su base annua, entrambe sottodimensionate rispetto ai bisogni, e la richiesta di un impegno della Regione per favorire l’incremento dei posti nei corsi universitari di laurea in scienza infermieristiche e per la formazione di Oss in numero adeguato alle necessità. A tutto ciò si aggiunge infine la richiesta del riconoscimento dei costi effettivi di gestione (le rette hanno registrato appena un euro di incremento in 11 anni) con risorse aggiuntive indispensabili per assicurare qualità assistenziale e innovazione organizzativa delle strutture.