L’analisi dell’economista Floriana Cerniglia nella ricerca “Diritti in costruzione” promossa dai gesuiti. “La spesa per l’assistenza sociale dei comuni pari allo 0,42% del Pil si ridurrà ancora del 13% per i tagli delle manovre”.
Una forte anomalia del sistema di welfare italiano, che destina il 60% della spesa alle pensioni e una quota di appena il 4% all’assistenza sociale. È quanto emerge dall’analisi di Floriana Cerniglia, docente di Scienze delle finanze dell’università di Milano Bicocca, coautrice della ricerca ” Diritti in costruzione” sui livelli essenziali di assistenza, promossa dai gesuiti del Jesuit Social Network. Cerniglia confronta i dati forniti da Eurostat, secondo cui la spesa per la protezione sociale in Italia si attesa al 27% del Pil, in linea con la media europea (anno 2008) con ricerche di altri studiosi italiani che quantificano la spesa per l’assistenza nel nostro paese. La spesa pensionistica (vecchiaia e reversibilità) costituisce infatti il 60% della spesa totale per la protezione sociale, a fronte di una media europea del 44%, mentre risultano marginali le quote destinate all’assistenza. Il dato che emerge è di appena 50-60 miliardi l’anno, poco meno del 4% del Pil, che vanno all’assistenza. “L’area di spesa per l’assistenza è una galassia di interventi nazionali e locali in cui manca una definizione certa dei livelli essenziali – spiega Cerniglia – questa gran confusione fa si che sia difficile una riforma e una ricostruzione precisa delle risorse in totale, il governo stesso non ne ha contezza”. Il grave rischio, secondo la docente universitaria, è che “già oggi esiste un forte divario fra aree del paese che penalizza il meridione, ad esempio per il tasso di copertura di asili nido e assistenza domiciliare agli anziani, ma il fabbisogno standard può abbassare ancora di più questo tetto di spesa per l’assistenza”. La ricercatrice, citando come fonte l’Ifel, Istituto di ricerca dell’Anci, ha sottolineato che la spesa per l’assistenza sociale dei comuni, oggi pari allo 0,42% del Pil, si ridurrà ancora del 13% nel corso del 2012, come effetto dei tagli ai fondi sociali e dei trasferimenti ai comuni delle ultime manovre. “Esiste un’evidenza empirica internazionale che la progressiva riduzione di spesa sociale ha un impatto negativo non solo sull’assistenza ma anche in termini di crescita e di occupazione” conclude Cerniglia. La ricerca – scrivono i gesuiti – “prende il via dall’impossibilità sperimentata da molte persone nell’esercizio concreto della propria dignità e dei propri diritti fondamentali. Troppe volte nel lavoro sociale, molte delle organizzazioni legate al Jesuit Social Network si trovano in vicoli senza uscita.”
Pubblicato su SuperAbile, il portale dell’INAIL