È nelle librerie «L’alternativa impossibile» il libro di Simone Visciola che ripercorre tutta la storia della “prima repubblica” attraverso la lunga vicenda politica italiana e internazionale di Antonio Cariglia, “il socialdemocratico” per antonomasia, segretario del PSDI e più volte deputato, senatore e parlamentare europeo. Ecco la appassionata recensione di Giancarlo Magni che di Cariglia fu uno dei più stretti collaboratori.
Ho avuto il piacere e la fortuna di seguire molto da vicino una lunga parte della vita politica di Antonio Cariglia. Come giornalista, addetto stampa, responsabile dell’ufficio stampa nazionale del PSDI nel periodo in cui Antonio, dal 1988 al 1992, ne è stato segretario nazionale. Iniziai ad affiancarlo nel 1979 nel corso della campagna elettorale, la prima, per l’elezione del Parlamento Europeo. Da allora sono rimasto sempre con lui, parlamentare europeo nella prima legislatura, senatore nella X legislatura, deputato nell’XI, ancora parlamentare europeo nella III ed infine segretario nazionale del Partito Socialdemocratico dal 1988 fino all’esplodere di tangentopoli.
Ho partecipato con passione e condivisione a tutte le sue battaglie, ho scritto per lui e con lui interventi e discorsi. Addirittura, una volta, nel marzo del 1989 a due giorni dall’inizio a Rimini del XXII Congresso nazionale, passammo insieme gran parte della notte a rivedere, limare, cambiare la sua relazione introduttiva.
Non sono quindi un osservatore imparziale. Ma francamente leggendo il bellissimo libro di Simone Visciola “L’alternativa impossibile”, ricordando quegli anni vissuti in prima persona, sia pure in forma indiretta, e tornando con la mente a tutti gli accadimenti della cosiddetta Seconda Repubblica fino a quest’ultimo scorcio della nostra vita politica, non posso esimermi dal pensare che Antonio Cariglia sia stato un uomo, per la sua condotta morale, ed un politico, per la sua visione del futuro del Paese, nettamente sopra la media.
Ha pagato la “colpa” di essere socialdemocratico e ha avuto, come diceva Montanelli, il torto di avere ragione.
Ma oggi, il libro di Simone Visciola gli rende finalmente giustizia. Con il rigore dello storico di professione Visciola, che insegna all’Università di Tolone occupandosi di storia politica e sociale italiana ed europea fra Otto e Novecento e di storia della storiografia, è riuscito a cogliere, carte alla mano, le due linee guida di tutta l’azione politica di Cariglia. La prima di carattere europeo ed internazionale. Non c’è futuro per l’Italia al di fuori del contesto europeo e non c’è un futuro per l’Europa al di fuori del suo allargamento e del suo consolidamento. L’Europa è un punto di riferimento imprescindibile anche per risolvere le anomalie politiche, istituzionali ed economiche del nostro Paese.
È guardando all’Europa e ai suoi paesi guida che Cariglia sottolineava l’importanza di concetti che, ancora oggi, sono tutti da conquistare per la stragrande maggioranza della classe politica italiana: l’importanza della stabilità del potere esecutivo, la necessità di dare ai cittadini la possibilità di scegliere con il voto il governo, la responsabilizzazione, con l’istituto della sfiducia costruttiva, del Parlamento rispetto all’Esecutivo e ancora, sul piano economico, l’assumere a base di ogni scelta la consapevolezza che la ricchezza, prima di essere redistribuita, deve essere prodotta.
La seconda costante è stata l’azione sul piano interno tesa, prima con l’unificazione socialista poi con il rassemblement dell’area laica e socialista, a dare forza e rappresentanza politica ad un mondo laico e naturaliter riformista che, diviso e frastagliato, non riusciva a far sentire la sua voce e ad imporre le sue idee.
A distanza di tanti anni siamo ancora lì.
Per questo la lezione politica di Cariglia conserva intatta la sua validità. L’Italia non ha ancora capito che il suo futuro è in Europa e l’Europa è in crisi perché non ha ancora avviato il suo consolidamento e la sua integrazione sul piano politico. La stabilità dei governi è tutta da conquistare, siamo ancora alla ricerca di un giusto equilibrio fra rappresentanza e governabilità, si fanno scelte economiche cervellotiche e si cerca di distribuire una ricchezza che non c’è. Sul piano più squisitamente politico manca ancora un soggetto veramente liberaldemocratico e riformista. Prevalgono, nel centrodestra e nel centrosinistra, populismi e sovranismi e l’assistenzialismo è il filo conduttore della stragrande maggioranza delle forze politiche.
Più che su ricette politiche spicciole, Cariglia insisteva su quelle che si potrebbero chiamare meta-politiche, scelte di fondo sulle quali poi innestare l’azione quotidiana. Aveva il senso dello Stato e una visione di futuro.
E tutto questo dal libro emerge con assoluta chiarezza.
Ma credo sia importante sottolineare anche altre due sue caratteristiche, più umane che politiche, che dal libro di Visciola vengono fuori con forza e che rivestono una particolare importanza: la coerenza e l’onestà.
La coerenza, perché durante una vita politica quarantennale Cariglia non hai mai anteposto l’interesse contingente del momento alle sue idee e alle sue convinzioni, non solo nei momenti di maggior fortuna, cosa abbastanza facile, ma soprattutto in quelli meno fortunati, che non sono certo stati pochi nell’arco di un’esistenza che comunque mediamente è stata di successo.
E, da ultimo ma non per ultimo, l’onestà. Coinvolto, come segretario del PSDI, in tangentopoli Cariglia scelse la strada di ritirarsi dalla vita politica e di difendersi nei processi. Con determinazione e con tanta amarezza. È stato assolto con formula piena, per non aver commesso i fatti che gli erano stati imputati, dopo più di dieci anni. A darne notizia, allora, qualche trafiletto sui giornali, a fronte dei titoli a caratteri cubitali e alle pagine e pagine che all’inizio della vicenda riportavano le presunte accuse.
Ma anche questa è l’Italia, di ieri e di oggi.