Un’idea semplice ma difficile da realizzare, antica e al contempo incredibilmente moderna. È quella legata al tema di un convegno che avrebbe dovuto svolgersi a Pistoia il prossimo 30 ottobre e che è stato rinviato a causa dell’ultimo Dpcm.
Un’idea semplice ma difficile da realizzare, antica ma incredibilmente moderna. È quella legata a un convegno che avrebbe dovuto svolgersi a Pistoia, nella sala Maggiore di Palazzo comunale, il prossimo 30 ottobre, e per il quale l’ultimo Dpcm ha imposto il rinvio essendo, al momento, vietati i convegni. Ma, in attesa della nuova data, vale la pena di conoscere più a fondo il tema che nasce da una esperienza veramente vissuta a Pistoia, tutta ispirata a un’idea una volta tanto realizzata in tempi incredibilmente brevi.
L’idea è “non solo case ma luoghi”, ovvero non è sufficiente garantire la casa alle persone. Ancora più importante è che le abitazioni siano inserite in contesti nei quali sia possibile e piacevole vivere: avere relazioni, occasioni culturali, sicurezza, asili, svago, verde in quantità apprezzabile.
A Pistoia tutto ciò avvenne alla fine degli anni ’50 del secolo scorso, quando non furono costruite solo case da offrire a chi ne aveva bisogno. Venne realizzato un pezzo di città. Più di cinquanta anni dopo, l’ideazione e la realizzazione di quel progetto venne descritta così dal giornale Il Tirreno:
«Il complesso residenziale del Villaggio, racchiuso tra via dei Prati, via della Pineta e piazza Belvedere, ha una data di nascita ben precisa: dicembre 1957. È proprio allora infatti che il consiglio comunale adotta il piano regolatore della città andando a prevedere un progetto di urbanizzazione in una zona completamente agricola.
E il promotore di questo nuovo progetto urbanistico è Antonio Cariglia, ex segretario nazionale del Psdi morto a 86 anni nel febbraio di quest’anno (2010, ndr), all’epoca consigliere comunale di Pistoia. È lui che propone di includere nel piano di fabbricazione della città anche la zona dello Scornio, Villaggio Belvedere compreso, indirizzando di fatto lo sviluppo urbanistico della città in quella nuova direzione.
Il villaggio nasce come insediamento di edilizia popolare gestito dall’Istituto autonomo case popolari (di cui Cariglia era presidente, ndr) in accordo con Ina-Casa: il quartiere infatti insiste su due aree adiacenti, una di proprietà dell’Ina (la zona compresa tra via Dalmazia e via Belvedere dove nasceranno i quattro edifici e la chiesa), l’altra dello Iacp (la zona a destra di via Belvedere, dove verrà realizzato l’edificio torre). Sarà proprio l’accordo tra Iacp e Ina a far sì che il quartiere assuma un aspetto omogeneo: una zona sì in periferia ma completamente autosufficiente dotata di tutte le infrastrutture necessarie (fogne, viabilità, negozi…)».
Di assoluto rilievo i professionisti che furono impegnati nell’impresa.
«A metà degli anni ’50 l’architetto Roberto Cantamessi, nella porzione dell’Ina, elabora un piano di fabbricazione che prevede quattro edifici sfalsati tra loro. Vengono elaborati due progetti: uno firmato da Leonardo Savioli, l’altro da Leonardo Ricci, bocciato dalla commissione tecnica del Comune perché troppo avanguardistico. Vince il progetto elaborato nel ’57 da Savioli, in collaborazione con gli architetti Santi e Melucci… I lavori cominciano il 21 maggio 1958 e terminano il 31 maggio 1960. Il 21 luglio dello stesso anno avviene la consegna delle chiavi dei primi 200 appartamenti con una cerimonia in piazza Belvedere. Il primo ottobre comincia la costruzione della chiesa ideata da Giovanni Michelucci: il 31 giugno la chiesa del Sacro Cuore Immacolato di Maria è completata».
Sembra incredibile, oggi, un intervento tanto radicale, e di tali dimensioni, realizzato in così poco tempo. Il “Villaggio” divenne in brevissimo tempo una delle realtà più vivaci di Pistoia. Oggi, a sessanta anni di distanza e nel decimo anniversario della scomparsa di Antonio Cariglia, il convegno si proponeva di coinvolgere architetti, studiosi e amministratori per ricordare quella esperienza con l’intento di riproporre l’idea che abitare non è solo disporre di una casa ma piuttosto di un luogo per vivere. Tra gli interventi previsti, oltre a quelli di Nicola Cariglia (presidente Fondazione F. Turati) e del sindaco di Pistoia, Alessandro Tomasi, anche quelli di Paolo Bechi (presidente SPE), di Paolo Caggiano (presidente Ordine Architetti Pistoia), di Marco Bernardi, autore dello studio sulla storia del Villaggio Belvedere, di Francesco Gurrieri (università di Firenze), di Roberto Agnoletti per la Fondazione Giovanni Michelucci, dell’on. Renzo Innocenti, di Ottorino Gaburri (Politecnico di Milano) e di Luca Talluri, presidente Federcasa.
Non appena possibile comunicheremo la nuova data del convegno.