Ad oggi sono oltre 36 milioni nel mondo i malati di Alzheimer, e la progressione è impressionante: si prevede infatti un raddoppio ventennale tanto da stimarne oltre 115 milioni nel 2050. E l’Italia non si distingue certo in positivo con oltre un milione di soggetti affetti dal morbo, con 150mila nuovi casi ogni anno. Considerando che l’incidenza annua sul Servizio Sanitario Nazionale è, per ciascun caso, variabile dai 15.000 ai 50.000 euro, visto anche l’aumentare di casi riscontrati tra soggetti ancora in età presenile e produttiva, il morbo rappresenta non soltanto un problema di carattere sociale – le conseguenze sulla persona e sul suo “comportamento” sono infatti note – ma ha anche un impatto negativo nell’ambito economico delle famiglie già provate dalla crisi e che rischiano veramente di “collassare”.
Purtroppo gli studi più recenti non sono a tutt’oggi riusciti a portare conseguenze positive sulla guarigione dal morbo, tanto meno a fornire informazioni utili sulla sua insorgenza e sul suo sviluppo: le terapie farmaceutiche, infatti, si “limitano” a benefici sintomatici, al rallentamento della sua progressione e alla cura delle sue conseguenze.
Inoltre, vista anche la differente incidenza territoriale della malattia e le disomogenee prestazioni erogate da ciascuna Regione, non sono disponibili nel nostro paese dei veri e propri dati a livello nazionale.
Le necessità di fornire una risposta quanto più concreta a questo fenomeno dilagante, visti i numeri sopra indicati e le difficoltà evidenti, sono state affrontante nello scorso settembre – mese mondiale dell’Alzheimer, ndr – con una mozione al Senato presentata da Luigi D’Ambrosio Lettieri unitamente ad altri senatori; la mozione tende ad incentivare una ricerca scientifica sempre più accurata sul fenomeno, al fine di incentivare la diagnosi e la prevenzione del morbo per giungere a maggiori benefici sociali per la popolazione.
Un dettagli per altro non trascurabile è anche quello economico: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, infatti, una maggiore diagnosi ed una maggiore prevenzione della malattia porterebbero ai governi una riduzione dell’incidenza sanitaria di circa 10mila dollari all’anno!
Maggiori fondi per la ricerca, dunque, ma anche più attenzione alla sensibilizzazione e alla formazione, così da poter giungere ad una maggiore omogeneizzazione degli interventi e ad una più vasta condivisione della conoscenza non soltanto del personale sanitario ma di tutti i cittadini, anche attraverso una costante opera di monitoraggio.
Gli stessi firmatari inoltre hanno chiesto, attraverso la mozione, di velocizzare le procedure per l’approvazione del Piano Sanitario Nazionale 2011-2013 unitamente a quello della Prevenzione ed al decreto di revisione dei Livelli essenziali di assistenza (LEA) della Presidenza del Consiglio; in essi infatti sono state integrate le direttive già presenti nel Piano nazionale della prevenzione 2010-2012, recentemente approvato dalla Conferenza permanente Stato-Regioni nel quale si evidenziano le necessità di una appropriata prevenzione e gestione delle patologie neurologiche anche attraverso l’attivazione di servizi e nuclei residenziali e semiresidenziali dedicati alle persone con demenza, specificando però la necessità di individuare tra le strutture extraospedaliere nuclei specializzati nel trattamento del morbo dell’Alzheimer.