L’ufficio parlamentare di Bilancio ha recentemente pubblicato un focus dedicato al tema “ “La revisione della spesa pubblica: il caso della Sanità”.
La legge di stabilità per il 2016 fissa il finanziamento del Servizio sanitario nazionale a 111,0 miliardi, livello superiore a quello del 2015 (pari a 109,7), ma inferiore di 2,1 miliardi a quanto previsto, a legislazione vigente, cui si sommano per il triennio 2017‐19,riduzioni aggiuntive del finanziamento, con lo sforzo richiesto alle Regioni di contribuire per 4 miliardi per il 2017 e 5,5 sia per il 2018 che per il 2019.
Il focus analizza le dinamiche della spesa corrente negli anni precedenti quando è è aumentata in termini nominali del 40 per cento tra il 2002 e il 2010 per poi rimanere sostanzialmente costante: la tabella mostra le diverse dinamiche tra regioni sotto piano di rientro e quelle non soggette a piano di rientro, dove si distingue tra Regioni a Statuto Ordinario (RSO) e regioni a Statuto Speciale (RSS)
Se invece che ai prezzi nominali si guarda la dinamica della spesa a prezzi costanti (base = 2005) l’incremento è stato del 12 per cento tra il 2002 e il 2008, per diminuire negli anni successivi pur restando superiore ai livelli di partenza (con un incremento complessivo del 6 per cento nell’intero periodo.
La tendenza alla crescita delle risorse richieste dalla sanità riflette l’aumento della domanda di salute legato all’incremento del benessere e all’invecchiamento della popolazione, oltre che la scoperta di nuove tecnologie che richiedono investimenti sempre più costosi
Dai dati risulta confermato lo sforzo importante attuato per mettere la spesa sotto controllo sia attraverso le manovre di bilancio sia attraverso il blocco del turn‐over e gli interventi stabiliti con i
piani di rientro nelle Regioni in cui si erano formati significativi disavanzi: la riduzione ha avuto successo in particolare per le voci relative alla farmaceutica convenzionata e al personale, mentre il contenimento degli esborsi per l’acquisto di beni, servizi e prestazioni dai privati è risultato essere complessivamente più difficoltoso.
E’ possibile procedere ulteriormente sulla strada dei tagli? Ci sono ancora sprechi da colpire? Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità gli sprechi assorbirebbero tra il 20 e il 40 per cento della spesa erogata dalla sanità pubblica nei sistemi sanitari di gran parte dei paesi avanzati.
Il focus su questa possibilità esprime riserve “ È probabile, tuttavia, che la strada della riduzione degli sprechi diventi via via sempre più impervia, in quanto i margini di miglioramento dell’efficienza tendono a restringersi, mentre si accrescono le tensioni tra domanda di servizi e risorse”.
Quali indicatori della tensione tra vincoli finanziari e tutela della salute sono indicati.
- Il numero di posti letto negli ospedali, diminuito dal 4 per mille nel 2005 al 3,4 nel 2012, contro 5,3 della media UE‐28 cin una differenza meno marcata sui posti letto per acuti (2,7 contro 3,6): flessione che riflette in tutti i paesi la tendenziale riduzione delle giornate di degenza, grazie alla maggiore efficienza dei servizi ed efficacia di alcune cure, e al passaggio di molti trattamenti al day hospital o alla assistenza territoriale; altro segnale di una possibile situazione di razionamento (sommati a problemi organizzativi e diffusione di accessi impropri) è la situazione di sovraffollamento dei servizi di pronto soccorso”;
- La rinuncia alle cure per un razionamento originato da motivazioni economiche in conseguenza dell’aumento delle compartecipazioni alla spesa, cresciute del 33 per cento tra il 2010 e il 2014; dell’l’incremento sulla farmaceutica (comprensivo della quota a carico del cittadino) che è è stato pari al 50 per cento (130 per cento se calcolato dal 2008) e si è distribuito su più anni, cui sui aggiunge poi il superticket sulla ricetta a partire dal 2011 pari al 19 per cento
I problemi di accesso, in particolare per motivi economici, comportano anche rinuncia alle cure: la percentuale di cittadini che dichiarano di avere rinunciato per motivi economici a visite mediche passa dal
3,6 al 6 per cento tra il 2004 e il 2013, e dal 7,1 al 13,1 per cento con riferimento al primo quintile, ovvero al 20 per cento della popolazione in situazione economica più svantaggiata.
Le rinunce che non sono conseguenza del costo della prestazione ma anche dalla distanza da percorrere o dalla presenza di liste di attesa ( anche queste segnale di razionamento fisico) sono leggermente più alte.
Secondo l’OMS per migliorare il rapporto costo/efficacia si deve intervenire tanto attraverso una maggior efficienza nella fornitura dei servizi sanitari, quanto da una maggiore appropriatezza delle cure offerte, un tema caldo nel dibattito politico, tra gli operatori e tra i cittadini
“Alla base dell’eccesso di trattamenti inappropriati stanno la peculiarità del rapporto medico‐paziente – in cui è il medico a decidere le cure, ma è il paziente a scegliere il medico – e l’induzione della domanda da parte dell’offerta…… Rilevano anche la formazione e l’aggiornamento dei medici, compresa la tendenza recente a trascurare la semeiotica medica in favore delle metodiche diagnostiche attraverso analisi cliniche sempre più sofisticate”
Secondo il focus l’ appropriatezza e del fatto non rappresenta uno strumento efficace per ottenere ritorni economici immediati – a rischio di ingenerare razionamento delle prestazioni -ma piuttosto una scelta indispensabile per il medio lungo periodo volta alla progressiva riduzione degli sprechi.
In conclusione per l’Ufficio Parlamentare di Bilancio si “tratta di riuscire a gestire la pressione generata da fattori contrapposti: da un lato, il ridimensionamento delle risorse rispetto a quanto concordato; dall’altro, l’impegno ad adottare i nuovi LEA e i nuovi nomenclatori, l’introduzione di importanti e costosi farmaci innovativi, l’avvio della contrattazione economica per il personale dipendente (e forse quello convenzionato), l’applicazione di nuovi parametri sulla quantità/qualità delle prestazioni e delle norme europee sugli orari di lavoro del personale sanitario ed eventualmente l’adozione del nuovo Piano vaccini”