SPI-CGIL e FP-CGIL hanno promosso, il 18 gennaio, una giornata di studio denominata “le Residenze per la Terza età: scenari e prospettive”. I dati che sono emersi non sono certamente incoraggianti ed anzi delineano una situazione anziani in Italia estremamente allarmante. Ne diamo una panoramica, lieti di non annoverarci tra la media bensì di rappresentare un vero punto di riferimento nel “settore”. Per maggiori informazioni invitiamo a visitare le pagine del nostro sito presenti nella sezione Le strutture.
Iniziamo con uno sguardo ai numeri. Innanzitutto il campione della ricerca, che è stata effettuata in 646 strutture distribuite su tutto il territorio nazionale, suddivise in 564 strutture residenziali ed 82 semiresidenziali. In Italia le tali strutture, sia pubbliche che private, sono circa 5000 e garantiscono oltre 265000 posti letto. Scendendo nel dettaglio, delle 646 residenze, il 43% è rappresentato da Case di Riposo, il 27% da Residenze sanitarie assistenziali (RSA), il 10% da Comunità alloggio, il 4% da Centri residenziali, il 3% da Case albero ed il 2% da Case famiglia. Per quanto riguarda invece i centri diurni semiresidenziali, la rilevazione è stata suddivisa così: il 54% in strutture per anziani fragili, il 43% in Centri territoriali rivolti ad utenti anziani con Alzheimer, il 3% in altri centri di varie tipologie.
Come già indicato nella recente indagine promossa dalla Fondazione Turati, in Italia gli anziani sono oltre i 12milioni. Di questi sono 3 milioni quelli in un età compresa tra gli 80 e gli 89 anni. Gli ultra novantenni sono circa 440 mila. Gli over 65 sono suddivisi nel 58% di donne ed il 42% di uomini. Si riscontra anche in questa ricerca, così come nella già citata indagine della Fondazione, che nel 2050 la popolazione anziana rappresenterà il 34% della popolazione totale. Stime ufficiali indicano in circa 2,7milioni di anziani parzialmente o del tutto non autosufficiente, dato anche questo in crescita.
Nelle strutture oggetto della ricerca sono ospitati 31000 unità per le residenziali e 4400 nei centri diurni. Nelle strutture residenziali le donne rappresentano il 70% delle unità mentre nei centri diurni esse rappresentano il 44%. Gli anziani in età compresa tra i 76 ed i 95 anni rappresentano il 49% nelle strutture residenziali mentre il 50% supera gli 86 anni. Nei centri residenziali, invece, la maggior parte è compresa nella fascia di età che va dai 61 agli 856 anni.
Per quanto concerne la non autosufficienza, si evidenziano il 63% degli ospiti delle strutture residenziali del tutto non autosufficienti, il 17% parzialmente ed il 19% autosufficiente. L’80% degli ospiti ha comunque delle fragilità. Nei centri diurni il 39% degli anziani è autosufficiente.
Altro dato significativo è il mutamento da autosufficiente a non autosufficiente che si verifica nel 70% dei casi. Tale mutazione è segnalata alle ASL di competenza solamente nel 50% dei casi.
Lunghe liste d’attesa per le RSA. Record negativo per il Lazio, 11 mesi
Le liste di attesa, nota dolente evidenziata dall’indagine, sono lunghe: per i non autosufficienti essere possono variare dai 90 ai 180 giorni. Nel Lazio essere arrivano fino ad 11 mesi. Le liste di attesa per gli anziani autosufficienti, invece, variano dai 30 ai 45 giorni mentre per le strutture semiresidenziali i giorni sono circa 25.
In tutte le strutture gli ospiti compartecipano al costo dei servizi, variabile per ogni singolo caso e dipendente dalla situazione reddituale dell’assistito, dalla regione di appartenenza o, talvolta, dal Comune di residenza. La media della spesa di compartecipazione va dai 1100 euro ai 1400 euro al mese per le strutture socio-sanitarie. Nei Centri diurni il costo varia invece dai 250 agli 800 euro al mese previsti per i soggetti affetti di Alzheimer.
Scarsa trasparenza per tariffe, servizi e prestazioni
L’82% delle strutture residenziali si è dotata della Carta dei Servizi. L’81% di esse pubblicizza le tariffe e le prestazioni erogate, il 53% individua come intente operare in caso di mancato rispetto delle prestazioni promesse, il 77% indica gli standard di valutazione e gli obiettivbi di qualità, il 68% misura periodicamente i risultati dei servizi per consentire agli ospiti e alle loro famiglie di esprimere una valutazione degli stessi. Il 45% delle carte prevede la costituzione di organismi rappresentativi degli ospiti e dei loro partenti. Le residenze che hanno dichiarato di consegnare la Carta dei servizi ai propri ospiti ed ai loro familiari è bassa, solo il 15%. Le strutture diurne che hanno adottato la Carta sono circa il 60%. In esse, il 52% pubblicizza le tariffe e le prestazioni, il 39% individua gli standard di valutazione e gli obbiettivi di qualità, il 28% prevede gli organismi rappresentativi ed il 10% dei Centri ha dichiarato di consegnare la Carta ai loro utenti o familiari.
Per quanto riguarda i regolamenti interni, essi sono presenti nell’85% delle strutture residenziali. L’82à5 di essi evidenzia le finalità e le caratteristiche delle strutture, l’84% indica le regole della vita comunitaria, l’83% segnala le modalità di ammissione, fruizione del servizio e dimissione degli ospiti, il 71% indica l’ammontare della retta, il 64% delinea la durata del periodo di conservazione del posto letto in caso di assenza prolungata. Nell’80% dei Regolamenti è indicato l’orario dei pasti, nel 64% quello del rientro, il 73% illustra le prestazioni ed i servizi inclusi nella retta, il 63% definisce i criteri di organizzazione delle attività ricreative e di socializzazione, il 54% segnala eventuali rapporti con la comunità locale o con i servizi territoriali, il 26% indica i servizi aggiuntivi per i familiari ed il 58% le modalità di accesso sia dei familiari che di associazioni di volontariato. Il 70% dei Centri semiresidenziali è dotato di un Regolamento per l’ammissione/dimissione, il pagamento della retta e le attività da svolgere. Nel caso dei Centri diurni, solamente il 33% mette a disposizione un servizio di trasporto per gli utenti.
Per quanto concerne il Piano di intervento, solamente il 70% delle strutture residenziali ne è dotato mentre, per le strutture semiresidenziali, la cifra sale all’80%. In entrambe le tipologie, il Piano è condiviso e sottoscritto con gli utenti, i familiari od i servizi sociali solamente nel 20% dei casi.
In termini di occupazione, le strutture residenziali oggetto della ricerca danno lavoro a circa 11000 operatori. Il personale dipendente supera il 90% delle unità, il residuale degli addetti (medici generici, infermieri e terapisti) è messo a disposizione dal Sistema Sanitario Nazionale. Il rapporto utenti/personale è 3 a 1. Per quanto riguarda i Centri diurni, gli addetti impiegati sono 742 con un rapporto utente/operatore di 5,8.
Assistenza all’anziano: manca il personale qualificato
La figura del Direttore è presente in oltre il 60% delle strutture analizzate. Il Coordinatore responsabile della struttura e dei servizi è previsto nel 72%. Il personale addetto all’assistenza diretta, domiciliare e ai servizi tutelari è il 52%, mentre quello addetto ai servizi generali (portierato, pulizie, ect) è il 22%. Gli operatori Socio Sanitario rappresentano il 38% del totale, il personale amministrativo il 7%. Gli assistenti sociali sono l’1,5%, gli animatori ed educatori il 4,5 %. Gli infermieri professionali il 2% mentre le altre figure sanitarie (es. medici terapisti) l’1%.
Tra il personale delle strutture residenziali, gran parte delle unità operative dipende da cooperative ed è impiegato in mansioni varie. Non è stato però possibile darne un numero. Per quanto il personale dipendente con contratto indeterminato si hanno il 76% delle unità, 14% ha un contratto determinato mentre il 10% ha invece un contratto di collaborazione annuale.
Queste le tipologie contrattuali riscontrate: Cooperative sociali tipo A e B, Uneba, Agidae, Aias, Anfass, Anpas, Aiop, Aris, Fondazione Don Gnocchi, Anaste, Confederazione Nazionale delle Misericordie d’Italia, Istituti Valdesi, Sanità pubblica, Regioni e delle Autonomie locali, raramente Commercio e Servizi. Si evidenzia in particolare la convivenza, nel 70% delle strutture residenziali, di più tipologie contrattuali nonché la molteplicità della denominazione delle varie figure professionali, il che non consente di offrire condizioni ottimali per assicurare una rispondente e omogenea qualità dei servizi alla persona e del rapporto qualità-costi. Nelle strutture semiresidenziali la diversificazioni contrattuale è analoga, anche se il contratto delle Cooperative sociali di tipo A è predominante ( 40%). Le figure professionali maggiormente presenti risultano invece essere (l’11%) il personale di assistenza diretta e quello addetto ai servizi generali; più presenti la figure professionali dell’assistente sociale e degli educatori/animatori rispetto alle residenze, in misura del 2%.
Il sindacato è presente nel 27% delle strutture, con il 17% di RSU e l’11% di RSA. In caso di sciopero la garanzia dei servizi minimi è prevista nel 38% delle strutture. Il personale addetto è impegnato in turni di 24 ore per il 60%, in modo costante e ripetitivo per il 25% e variabile in base alle esigenze operative per il 15%.
Autorizzazioni vecchie e rapporti carenti con gli Enti locali
Per quanto riguarda l’accreditamento, sono solamente il 30% le strutture che hanno dichiarato di avere una autorizzazione al funzionamento rilasciata da strutture regionali e/o comuncali da meno di 10 anni. Quelle che hanno l’autorizzazione al funzionamento perfezionati nel corso degli ultimi 10 anni sono a bassa, medi a e alta intensità socio sanitaria. La maggior parte ha autorizzazioni oltre i 20 anni. Le restanti sono interessate agli adeguamenti dei requisiti normativi. Per quanto riguarda i posti in convenzione, il 95% delle strutture ha posti in convenzione con gli enti locali, il 56% anche con il servizio sanitario regionale. La convenzione con gli enti è presente a prescindere dall’accreditamento. Tutte le strutture prevedono la compartecipazione degli ospiti. Per quanto riguarda le semiresidenziali l’accreditamento con l’azienda socio sanitaria di riferimento coinvolge il 24% delle strutture, il 6% invece prevede l’accreditamento con l’area distrettuale di riferimento il 21% con i Comuni. Il restante 49% delle strutture non ha forme di accreditamento. Nel 57% delle residenze semiresidenziali è prevista la compartecipazione degli ospiti alle spese mentre il 54% riceve finanziamenti regionali o comunali.