Quello sanitario è il sesto comparto economico nazionale. La crisi ha bloccato il settore. Nonostante l’invecchiamento della popolazione è dal 2009 che il SSN assorbe il 7% del Pil, meno della media europea.
Spesa sanitaria: il diciassettesimo rapporto Oasi 2016 curato da School of management Sda Bocconi e da Center for research on health and social care management (Cergas) pone in evidenza il rilievo economico del comparto della sanità che ha mobilitato complessivamente 149 miliardi di risorse di spesa corrente, di cui 115 miliardi finanziati dal SSN, mentre 34 miliardi sono i consumi sanitari privati, quelli cioè pagati direttamente dalle famiglie, il sesto settore economico italiano poco al di sotto del manifatturiero che vale 152 miliardi.
Solo il 30% di questa spesa sanitaria resta all’interno del settore per i dipendenti, quota che sale al 36% se si considera anche la medicina convenzionata, il resto si trasferisce all’esterno per l’acquisto di beni o servizi (imprese farmaceutiche e di apparecchiature, gestione e manutenzione degli immobili destinati alla sanità o per l’erogazione di assistenza per conto del Servizio sanitario nazionale quali le strutture sanitarie private accreditate, farmacie e professionisti convenzionati).
La sanità è un settore ad elevata intensità di lavoro e ad alta componente tecnologica e con una composizione professionale tra i più qualificati nell’economia del Paese, difficilmente de localizzabile, in grado di generare innovazione scientifica, medico-clinica, tecnologica e gestionale.
La spesa tuttavia è legata alla ricchezza nazionale, alla crescita del PIL e risente dei periodi di crisi per cui è importante riuscire a spendere bene risorse scarse, in modo da esprimere le sue potenzialità di volano economico, sociale e istituzionale.
C’è una crescente fisiologica interdipendenza tra sanità privata e sanità pubblica perché entrambe rispondono alla stessa domanda di salute della popolazione. Come ben sanno i cittadini, le scelte pubbliche in materia di regolazione della farmaceutica, della specialistica e della libera professione influenzano indirettamente e direttamente il livello di spesa privata. Nella lunga fase di contenimento della spesa pubblica che l’Italia ha attraversato i livelli di copertura del SSN diminuiscono, i consumi sanitari privati appaiono sempre più complementari e necessari per rispondere ai bisogni di salute.
In Italia spendiamo in cifra assoluta, a parità di potere d’acquisto, 3.239 dollari, meno che negli altri paesi europei che sono a 3.377 nel Regno Unito, a 4.508 in Francia, a 5.182 in Germania, per arrivare ai 9.403 dollari degli Stati Uniti (Oms, 2016).
Nel periodo 2010-2014 il tasso di crescita reale della spesa del SSN è stato negativo (-1,4%), mentre in Italia dal 2009, l’incidenza della spesa corrente SSN su Pil è assestata stabilmente al 7%, nonostante il peggioramento epidemiologico dovuto al crescente invecchiamento della popolazione e al conseguente incremento delle patologie croniche.
Cala anche l’incidenza della spesa sanitaria sul totale della spesa per la protezione sociale, dal 26,2% (2008) al 23,5% (2014), sostanzialmente a vantaggio della spesa previdenziale e di sostegno in caso di disoccupazione, a conferma della preferenza del welfare italiano per il trasferimento monetario alle famiglie in funzione dei redditi dei singoli con conseguente freno alla evoluzione verso servizi finalizzati ai bisogni e che tengano in considerazione il reddito effettivo dell’intero nucleo familiare.
Conferma sul campo di questa difficoltà sono i circa seicentomila anziani dei 2,7 milioni non autosufficienti che non ricevono un’assistenza adeguata al proprio bisogno mentre i restanti 1,9 milioni di anziani sono alla continua ricerca di strutture che possano prendersi cura di loro contribuendo alla migrazione sanitaria tra le diverse regioni italiane.
Nel mezzogiorno la presa a carico di questi pazienti è quasi nulla e la speranza di vita varia a seconda dell’area di residenza a testimonianza di netta e crescente divaricazione tra i servizi sanitari regionali del centro-nord e del sud– in termini di offerta sanitaria pubblica, spesa sanitaria privata e, soprattutto, servizi socio-sanitari sia residenziali che informali.