Le Regioni accusano il Governo di tagli lineari al comparto sanitario ma poi applicano lo stesso metodo sul proprio territorio. In Toscana ridurre la burocrazia e migliorare il rapporto con il privato sociale può essere la chiave di volta per mantenere un alto livello di servizi ad un costo minore.
Sarà il tavolo che si è aperto in questi giorni fra governo e regioni a dare la versione definitiva ai tagli al sistema sanitario nazionale stabiliti dalla manovra di spending review. Il ministro Balduzzi ha quantificato in 8 miliardi per il 2013 la riduzione dei finanziamenti statali precisando però che non si tratta di tagli lineari ma di un definanziamento orientato alla riduzione di sprechi ed inefficienze. Completamente opposto il parere dei presidenti di Regione, indipendentemente dal colore politico. Chi come noi opera nel campo dell’assistenza sanitaria ai cittadini in regime di convenzione con il SSN non può che essere fortemente preoccupato. Da anni assistiamo impotenti a questa continua querelle fra governo centrale e governi regionali su cosa e dove sia meglio tagliare. Perché una cosa è certa. Il livello della spesa pubblica in Italia ha raggiunto livelli abnormi e il sistema non è più finanziabile con il solo aumento delle tasse. La spesa pubblica va tagliata ma va però tagliata in modo intelligente, verificando caso per caso. La spesa sanitaria nel nostro paese è, procapite, una delle più basse fra tutti i paesi Ocse. E’ però una spesa che offre solo in alcune regioni buoni livelli di assistenza e che ha ancora al suo interno margini di manovra. Distinguiamo il problema nel metodo e nel merito e vediamo poi cosa è possibile fare, ovviamente dal nostro punto di vista, a livello toscano. Nel metodo le regioni si lamentano delle linearità dei tagli a cui sono sottoposte ma poi, guarda caso, gli stessi tagli lineari li applicano al loro interno, senza parametrare il costo al livello di efficienza e qualità che offrono le varie strutture. E questo vale in modo particolare nei confronti delle strutture convenzionate. Se un sistema non va bene sul piano nazionale non va bene nemmeno su quello regionale. Nel merito. Quando si deve risparmiare bisogna fare delle scelte. Privilegiare le strutture su cui investire e le fasce sociali da tutelare. E qui veniamo anche al caso toscano. A livello regionale si pone con forza il problema di una riduzione dei livelli burocratici presenti in campo sanitario. Le Società della Salute, una invenzione tutta toscana, sono in fase di sperimentazione da 9 anni ma non hanno dato, a fronte di un costo non indifferente, prova di particolare utilità ed efficienza. Bisogna, se non abolirle, rivederne il sistema. Come bisogna rivedere il sistema dei piccoli ospedali. Su questo fronte la Toscana non è stata con le mani in mano, ed anzi è certamente fra le regioni più virtuose, ma qualcosa si può e si deve ancora fare. Vanno poi scelte le persone da tutelare. Fra queste, a nostro avviso, non possono non esserci gli anziani che, per le dinamiche della società di oggi, sono sempre più esposti a forti rischi. Anziano e non autosufficiente sono spesso due facce della stessa medaglia. Però guarda caso i fondi per gli anziani e i non autosufficienti si sono negli anni ridotti in modo preoccupante sia in forma diretta, con meno soldi messi a disposizione di pazienti ed operatori, sia in quella indiretta con una progressiva modifica, in aumento, dei criteri per il riconoscimento della non autosufficienza per cui su 100 persone che ieri venivano riconosciute solo 10, oggi, possono ancora essere considerate come tali. Ma avere cambiato i criteri non elimina il problema, elimina solo il suo riconoscimento pubblico con tutto quello che questo comporta. Bisogna poi dare maggiore efficienza all’intero sistema sanitario instaurando fra pubblico e privato sociale accreditato un diverso rapporto. Chi opera in campo sanitario senza fine di lucro, come è il caso delle Onlus, deve essere visto e considerato non come un privato che persegue un giusto profitto ma come un braccio operativo del comparto pubblico. Un braccio che ha le stesse finalità di utilità sociale ma che può operare nel settore con una duttilità maggiore, e questa duttilità si trasforma per le Asl in una risorsa economica che deve essere valorizzata. Si assistite invece al controsenso che, in alcune realtà, al privato sociale convenzionato vengono richieste ed imposte rigidità, comportamenti e prestazioni che non vengono pretese nemmeno dagli operatori pubblici.
Basta insomma un po’ di buona volontà e la Toscana, che pure è regione efficiente dal punto di vista sanitario, può riuscire nell’intento di mantenere il suo livello assistenziale riducendone i costi.