A fronte dei tagli sempre più consistenti nel comparto sanitario, è indispensabile instaurare un diverso rapporto con il privato sociale. L’alternativa è quella di ridurre in modo drastico i servizi ai cittadini. di Giancarlo Magni
Nella sanità italiana ormai va di moda una sola parola: tagli. Nei servizi e nei posti letto. La razionalizzazione della rete ospedaliera fatta a livello nazionale prevede ad esempio una riduzione complessiva nei posti letto di circa 20mila unità e il ridisegno, quasi completo, dell’ubicazione e del dimensionamento dei vari presidi. Basti pensare che verranno introdotte tre tipologie di ospedali e che quella più piccola, di base, dovrà servire un bacino di abitanti che potrà oscillare dagli 80mila ai 150mila. Tradotto in pratica significa che una miriade di piccoli nosocomi sono destinati a sparire. Sul piano del Ministro Balduzzi si aprirà un tavolo di confronto con le Regioni. E’ facile prevedere che ci saranno resistenze a non finire ma è indubbio che nel giro di 2/3 anni la sanità sarà costretta a cambiare pelle. Del resto molte Regioni hanno già iniziato, per loro conto, a rivedere tutta l’organizzazione sanitaria anche perché i deficit accumulati nel tempo non permettono di fare altro. La Toscana, spinta dai tagli, dai deficit di alcune Asl e dai buchi di bilancio che sono venuti fuori in modo del tutto inaspettato, è stata costretta ad accantonare il nuovo Piano sanitario sul quale i tecnici stavano lavorando da oltre un anno e sta predisponendo tutta una serie di misure che, una volta a regime, costituiranno una minirivoluzione. La filosofia di massima è questa: meno posti letto negli ospedali, chiamati sempre più ad occuparsi della fase acuta della malattia, e più posti per la fase post acuta nelle strutture sul territorio. Anche Lazio e Puglia, le altre due Regioni dove la Fondazione opera con le sue strutture, e che fra l’altro presentano deficit ancora maggiori, sono alle prese con problemi analoghi. Anche qui tagli di posti e riorganizzazione dei servizi. La situazione è densa di pericoli, vista la notevole riduzione dei finanziamenti, ma, come spesso accade, da una crisi può scaturire anche il coraggio di fare tabula rasa degli interessi consolidati nel tempo e di riorganizzare tutto il comparto, secondo criteri più razionali, moderni ed efficienti. La chiave di volta si trova, a nostro avviso, nell’instaurare un diverso rapporto fra pubblico e realtà no-profit. La Fondazione è una di queste ma l’Italia è piena di Associazioni, Onlus, Fondazioni che con serietà e dedizione operano, senza fine di lucro, a vantaggio degli altri. Sono tutte realtà che hanno una natura privata per quanto attiene la proprietà e le modalità interne di funzionamento, organizzazione dei servizi, contratti di lavoro, utilizzo del personale, ma un fine del tutto paragonabile a quello pubblico per il servizio che viene reso alla collettività. Questo doppio status comporta la capacità, a parità di qualità, di erogare servizi ad un costo notevolmente inferiore rispetto alle strutture di diretta proprietà pubblica. Questa risorsa va utilizzata. E’ una ricchezza da sfruttare.
Per quanto ad esempio riguarda tutta la fase dell’assistenza post acuta o alle persone anziane, le Asl, a cui spetta comunque il compito dell’indirizzo e del controllo, dovrebbero utilizzare il no profit come uno dei loro bracci operativi. In un rapporto che dovrebbe vedere il pubblico programmare i servizi, scegliere, attraverso le convenzioni e gli accreditamenti, le strutture da utilizzare e da ultimo controllare come il lavoro viene svolto. Al privato sociale il compito di erogare materialmente il servizio stesso.
In pratica è il momento di riformare il welfare. Attenzione non di buttarlo via ma di riformarlo perché negli anni la società è cambiata, la globalizzazione ha aperto nuovi scenari e l’allungamento dell’età di vita sta facendo saltare tutte le compatibilità economiche. Oggi mantenere i servizi a fronte dei tagli che sono inevitabili significa utilizzare in modo diverso e più completo il privato sociale. La Fondazione è pronta a svolgere questo nuovo ruolo.
Giancarlo Magni
Comitato Direttivo Fondazione Turati Onlus