L’architetto torinese Paolo Pettene: «Il progettista deve avere competenze globali».
Per l’architetto torinese Paolo Pettene, il progettista di impianti sportivi deve avere competenze globali e ed essere esperto di sport a tutto tondo. Lo afferma in un’intervista raccolta da Stefano Baccelli in occasione del workshop “Il partenariato pubblico privato per l’impiantistica sportiva”, promosso nel novembre scorso dall’associazione E.s.t. e Icet Sport.
Quale ruolo è attribuito al progettista in una operazione di partenariato pubblico privato per la realizzazione di impianti sportivi?
«Il progettista, che generalmente usa la matita e il computer deve, in questo caso, avere una competenza globale. L’aspetto che struttura la proposta è anche finanziario. Il primo istituto di partecipazione pubblica, che è l’Istituto di Credito Sportivo, è un partner importante, che dà anche credibilità nella squadra. Chi te la dà? Il progettista, che deve essere esperto. Se non sei esperto non puoi fare impianti sportivi, devi avere conoscenza di cos’è lo sport, le discipline sportive, che non sono una, sono cento, come sono tantissime quelle dell’acqua. Devi avere una impresa che si assume i suoi oneri e avere una struttura di gestione che viene demandata alle società sportive che notoriamente non hanno competenze se non di aprire, chiudere, pulire e organizzare l’attività. Quando devono fare gli imprenditori veramente sono soggetti difficili».
A fronte di tante difficoltà, sorge spontanea una domanda: chi ve lo fa fare?
«Il desiderio di poter creare le giuste opportunità. Sono omologatore della Federazione Italiana Nuoto. I nostri amici che hanno le società, quando si stufano di un impianto vecchio, perché come sappiamo tutti gli impianti sono datati, vogliono rinnovare gli impianti, cercano le condizioni economiche che permettano alle loro società di avere anche delle entrate per poter fare magari agonismo, visto che sono anche caduti i contributi pubblici. Non sfugge che la motivazione molte volte è quella di uno spirito pulito, non di business, anche se esistono quelli che lo vogliono realizzare, ma sono abbastanza rari, come ci sono quelli che patrocinano, per lasciare il proprio nome al Palazzetto, rari anche questi. E ci sono anche gli stadi, ma quella è un’altra musica. Ecco chi sono gli attori che si propongono per fare un impianto. Chiaramente in condizioni di paternariato, che vuol dire anche una partecipazione da parte dell’ente magari proprietario del terreno, quindi l’amministrazione pubblica. Ho parlato: opere fredde, opere calde, opere tiepide. Gli impianti sportivi economicamente sono freddi, difficilmente producono reddito. Parlo con grande passione di questi argomenti, non mi sarei alzato stamattina alle cinque da Torino, per venire con tutti i lavori che abbiamo e tra l’altro ho trovato, apro una parentesi, una platea veramente competente. Raramente mi capita e l’ho anche detto nel mio intervento, vado in giro in tutta Italia da anni, sono anche docente della Federazione, mi chiamano anche alle Università, di trovare una platea di relatori così qualificati. Hanno detto delle verità della complessità. Questo chiaramente dovrebbe spaventare tutti perché è troppo complicato. Allora ritorno alla domanda. Chi ce lo fare? Ce lo fa fare la passione per lo sport. Chiaramente ci vogliono i professionisti, difendo questo. Sono un professionista, ho fatto una scelta di vita, trentacinque anni di onorato servizio, sono ancora in età di piena forma agonistica e quindi il mio mestiere è quello».
Soddisfazione più grande, in questa cosa?
«La soddisfazione più grande è che pur essendo, italiano, abbiamo vinto il concorso per lo stadio del nuoto più grande d’Italia a Napoli. Ed anche quella di aver fatto tantissimi impianti che sono tutti aperti. Non ho fatto impianti che sono rimasti chiusi. Il più vicino a Pistoia è a Follonica, dove abbiamo ristrutturato un impianto dopo oltre venti anni, ma adesso ho in macchina il progetto della Luther King, il nuovo padiglione palestra indoor, quindi il più vicino è in città. E poi spero di dare un contributo per risolvere il problema della piscina di via Panconi, che è un servizio fondamentale. Considerando che tutte le attività sportive propedeutiche vanno in acqua. Tutta l’utenza va in acqua quindi è veramente un servizio strategico, fondamentale nell’offerta sportiva locale».
Stefano Baccelli