La dimensione del problema e la risposta delle strutture pubbliche e private al fenomeno della ludopatia. Le misure utili a ridurre la dipendenza.
Al fine di sperimentare un sistema di sorveglianza nazionale per disporre di elementi conoscitivi e per proporre strumenti utili alla prevenzione e alla cura della ludopatia, il reparto farmacodipendenza tossicodipendenza e doping del dipartimento del farmaco dell’Istituto superiore di sanità ha sviluppato un progetto sul disturbo da gioco d’azzardo. Tra gli strumenti individuati, un’indagine demoscopica (3000 interviste personali) per rilevare nella popolazione italiana adulta (15 anni e oltre) la percezione rispetto al gioco d’azzardo, la pratica di vari giochi e alcune opinioni sull’argomento.
Quali giochi possono essere definiti d’azzardo? Il poker è stato in assoluto quello più citato (81%), seguito dal videopoker (79%), mentre più della metà degli intervistati non ritiene gratta e vinci (56%), lotto (54%) e win for life (51%) giochi d’azzardo.
Chi gioca? I giocatori (intesi come coloro che hanno praticato almeno un gioco negli ultimi 12 mesi) sono pari al 49,7%, con punte del 56% tra gli uomini. Che raggiungono il 57,6% nella fascia d’età 25-44 anni e il 61,7% tra i fumatori, evidenziando una correlazione piuttosto evidente tra l’abitudine al fumo e la pratica di giochi d’azzardo.
I giocatori problematici, coloro che scommettono frequentemente investendo anche discrete somme di denaro ma che non hanno ancora sviluppato una vera e propria dipendenza, variano dall’1,3 al 3,8 per cento della popolazione. In termini assoluti si tratta di un gruppo sociale che va dai 750mila ai 2.300.000 italiani adulti, mentre i giocatori “patologici”, che in preda a una vera e propria malattia non sono in grado di controllare la necessità di scommettere, oscillano dai 300mila al milione e 300mila italiani, dallo 0,5 al 2,2 per cento dell’intera popolazione
La dipendenza da gioco d’azzardo, o ludopatia, è considerata dalla popolazione italiana una dipendenza grave, che può essere curata con l’aiuto dello psicologo (31,1%) e presso associazioni o comunità specializzate (28,4%).
Tra i provvedimenti per la lotta al gioco d’azzardo, quello considerato più indicato dagli italiani è l’eliminazione delle slot da bar e locali pubblici (51,8%) e a seguire il divieto di fare pubblicità (34,3%), la prevenzione nelle scuole (30,6%), l’introduzione di limiti negli importi delle giocate (28,5%). Seguono la diffusione di maggiori informazioni sui danni del gioco (27,0%) e la limitazione del numero delle sale giochi (26,6%).
Per concludere, le condizioni personali che possono favorire il gioco d’azzardo sono le difficoltà economiche (35,2%), il disagio sociale (31,9%) e il desiderio di sfidare la sorte (27,4%).
Negli ultimi anni lo Stato ha provato a contenere il fenomeno a partire dal decreto Balduzzi del 2012 con cui si è proceduto all’aggiornamento dei LEA (i livelli essenziali di assistenza) «per la prevenzione, cura e riabilitazione dei soggetti affetti da ludopatia».
Recentemente è stata pubblicata l’indagine sulle caratteristiche e sull’operatività dei servizi e delle strutture per il trattamento del disturbo da gioco di azzardo realizzata dall’Istituto superiore di sanità, che ha inviato specifiche schede a cui hanno risposto 343 (56,0%) centri del SSN, mentre dei 769 centri del privato sociale hanno risposto solo 137 (17,2%).
I dati evidenziano come solo 184 SerT/SerD – la maggior parte al Nord (81) seguito dal Sud e Isole (59) e dal Centro (44) – e 95 strutture del privato sociale (con una distribuzione territoriale assai disomogenea) prevedono attività cliniche specifiche per il gioco di azzardo.
In particolare, 113 (61.4%) servizi prevedono delle attività dedicate, 58 (31.5)% prevedono un servizio specifico e 14 (7,6%) hanno attivato un servizio dedicato secondo specifici LEA regionali. In quasi tutti i servizi (92.0%) il personale è stato appositamente formato per operare nell’ambito del disturbo da gioco d’azzardo e della ludopatia.
Delle 95 strutture del privato sociali rispondenti, 72 (75,8%) prevedono delle attività con diverso livello di strutturazione a contrasto del disturbo da gioco d’azzardo, mentre 23 (24,2%) hanno dichiarato di non aver intrapreso ancora alcuna azione specifica a causa della mancanza di fondi, di spazi o di personale (oltre la metà di queste dichiarava di stare studiando la fattibilità di future azioni).