In Italia l’invecchiamento della popolazione aumenta e gli anziani sono sempre più soli. Aumentano le malattie tipiche dell’età avanzata. Ormai indispensabile un cambiamento nell’organizzazione sanitaria. Il ruolo della Fondazione Turati.
Invecchiamento della popolazione: gli italiani a poco a poco invecchiano. A dirlo è l’Istat, che nell’ultimo report sugli indicatori demografici fissa a 44,9 anni l’età media nella penisola: due decimi in più rispetto al 2016 e due anni in più rispetto al 2007. Il 22,3% dei residenti, inoltre, è over 65: gli anziani raggiungono infatti quota 13,5 milioni e tra questi risultano in aumento ultranovantenni e centenari. Il documento fotografa così una tendenza di cui si dovrà tenere conto laddove si voglia affrontare efficacemente il tema della non autosufficienza e dei bisogni di assistenza della popolazione.
A fronte dell’invecchiamento della popolazione e di un crescente numero di ultranovantenni, al 1 gennaio 2017 pari a 727mila – «un numero superiore a quello dei residenti in una grande città come Palermo», si legge nel report – e di centenari, pari a 17mila (ma nel 2002 erano appena 6mila), le nascite hanno toccato nel 2016 un nuovo minimo storico e il risultato del saldo naturale tra nascite e decessi è negativo per 134mila unità. Tra venti o trent’anni, dunque, gli italiani saranno più vecchi e bisognosi di cure, ma saranno sempre meno i figli e i parenti giovani che, a differenza di oggi (si veda l’articolo sui “figli badanti” in questa newsletter), potranno offrirle.
C’è poi da tenere conto di un altro fattore. Anche, ma non solo, in conseguenza degli alti costi delle abitazioni, le famiglie diventano sempre più piccole. In Italia il 26,1% dei nuclei familiari è composto da una sola persona e il 27,2% da due.
Un così consistente invecchiamento della popolazione determina un cambiamento demografico che comporta due conseguenze: la modifica dell’epidemiologia della popolazione, crescono le malattie invalidanti e croniche, tipiche di una popolazione anziana, e la conseguente trasformazione dell’organizzazione sanitaria. L’ospedale sarà sempre di più il luogo per la cura della fase acuta della malattia. A valle di questo, per ragioni di costi, dovranno svilupparsi strutture per la fase della post-acuzie, cure intermedie e riabilitazione, e per quella della lungo degenza, anziani non autosufficienti, disabili gravi, demenze senili, stati vegetativi permanenti.
Da qui allora la necessità, sempre per ragioni di costi e di razionalizzazione della spesa, di pensare a politiche mirate, che tengano conto di un’integrazione tra amministrazioni pubbliche, terzo settore no-profit e, anche, privato classico.
In questo settore si colloca anche la Fondazione Turati con le sue strutture caratterizzate da ambienti spaziosi, assistenza medica e infermieristica di alto livello qualitativo (il personale dedicato alla cura e all’assistenza è molto al di sopra dei parametri stabiliti dalle Regioni) e servizi efficienti con l’Ospite sempre al centro dell’attenzione.
Alle attività di carattere medico ed assistenziale poi è sempre affiancata un’attività di intrattenimento e di sostegno per stimolare i singoli dal punto di vista mentale, per favorire la socializzazione o più semplicemente per rendere il soggiorno più gradevole. Un risultato che è possibile ottenere grazie ad ambienti comuni particolarmente accoglienti, come ad esempio bar e sale da pranzo molto curate dal punto di vista dell’arredamento, e a prestazioni accessorie, quali parrucchiere, estetista, lavanderia, atte a mantenere il decoro della persona. Grande attenzione è riservata da tutto il personale alla riservatezza dell’Ospite, sia per quanto attiene ai dati medici sia per tutto quello che riguarda abitudini e situazioni personali e familiari, nel pieno rispetto della dignità, della personalità e dell’individualità degli Ospiti.
Ogni anno la Fondazione Turati assiste oltre 5000 persone.