A Gavinana, ridente cittadina sulla Montagna Pistoiese ove ha sede un Centro Socio Sanitario della Fondazione Turati, il 3 agosto del 1530 Fabrizio Maramaldo sconfisse ed uccise Francesco Ferrucci. Il cattivo contro il buono, o così almeno pare. A qualcuno però questa versione non torna. Ad interessarsene, in una lettera poi pubblicata con tanto di risposta da parte della redazione, è un lettore de La Provincia di Como. Lettera e risposta che pubblichiamo integralmente.
Il <Maramaldo> e i tanti eroi del Paese offeso
Fabrizio Maramaldo, il destinatario di quel famoso ‘Tu uccidi un uomo morto!’ (mittente: Francesco Ferrucci, 40 anni), è stato al servizio dei Gonzaga, allora (ante 1530) marchesi di Mantova. E mentre la scuola ce lo consegna accompagnato da una sinistra fama di vigliacco, la cittadina di Gavinana, dove il 3 agosto 1530 avvenne lo scontro tra Imperiali e antImperiali, dedica un museo e un monumento equestre al Ferrucci. Spiace che le (colpevoli) notizie storiche, molto più degli (incolpevoli) terremoti, facciano tremare, e stavolta di parzialità: Fabrizio era un vero uomo d’arme.
Gianfranco Mortoni
Questa versione del Maramaldo che uccide l’uomo morto si deve allo storico comasco Paolo Giovio.
Nella prima metà del Cinquecento raccontò le vicende del suo tempo.
Raccontò non è una parola usata a caso: le sue fonti non sempre risultano verificabili. A proposito del Maramaldo, altri studiosi danno un’interpretazione diversa della vicenda. Però nella cultura popolare, e nel conseguente immaginario, Maramaldo resterà quel che è, inutile pensare di modificare un passaparola che dura da mezzo millennio. Poi, diciamo la verità, avere nel nostro retaggio storico un Maramaldo, non confligge con uno degli aspetti del carattere nazionale: profittare dei deboli.
C’è sempre un forte che, se gli capita, schiaccia sotto di sé il debole, pur se pronto a farsi meno forte (assai meno) di fronte a qualcuno meno debole di lui. È quel tratto di viltà che purtroppo ha spesso reso una parte del mondo sprezzante verso di noi.
Non siamo esattamente considerati degli eroi. Anzi, godiamo fama di sleali trasformisti. E invece è vero che gli eroi non ci mancano. Non ci sono mancati nelle guerre, non ci mancano nelle tragedie. Per esempio quella attuale, causata dal terremoto. Sappiamo bene che cos’è l’orgoglio nazionale, la solidarietà d’un popolo.
Peccato che per riscoprire l’uno e praticare la seconda, talvolta debba accadere il peggio. Il peggio che maramaldeggia sul meglio che il Paese sa offrire.
Max Lodi
da La Provincia di Como – quotidiano on line