Escluse dal welfare le nuove forme di povertà. Le politiche di austerity causa principale all’origine delle difficoltà di tante famiglie.
Il Rapporto Caritas 2014 mette in evidenza come si continui a scontare nel nostro paese una evidente debolezza della risposta istituzionale alla povertà: l’attuale sistema di welfare appare incapace di farsi carico delle nuove forme di povertà, delle nuove emergenze sociali derivanti dalla crisi economico-finanziaria.
Non solo, il Rapporto rileva come molte delle situazioni di difficoltà economica o di progressiva esclusione sociale siano state provocate o comunque aggravate dalle politiche di austerity e di contenimento della spesa pubblica. Tali misure hanno determinato nel tempo un progressivo inaridimento del welfare pubblico, in diversi settori di intervento: la scuola, la sanità, il welfare socio-assistenziale, la previdenza, ecc.
Secondo la Caritas l’innalzamento dell’età pensionabile e il mancato adeguamento di sei milioni di pensioni ai cambiamenti del costo della vita hanno avuto un impatto negativo sulle famiglie italiane, soprattutto in un periodo in cui i giovani trovano con difficoltà lavoro e sono in gran numero disoccupati (fra i sette paesi analizzati dal rapporto l’Italia ha la percentuale più alta di Neet, giovani che né studiano né cercano lavoro), facendo quindi diventare il contributo dei pensionati ai redditi familiari ancora più importante.
La povertà economica è il primo problema, più acuto per gli italiani (65%) rispetto agli stranieri (55%) e l’occupazione al secondo più per stranieri che per italiani (49% contro 44%), al terzo posto per entrambi i problemi abitativi ( attorno al 15%) seguiti per gli italiani dai problemi familiari (13%)
Un approfondimento particolare è dedicato alle nuove povertà dei separati, a partire dalla condizione abitativa sia sul piano della sistemazione che su quello del grado di affaticamento rispetto agli oneri di spesa fissi (mutuo, affitto, pagamento delle utenze di luce, gas, ecc.).
Rispetto al pre- separazione, quando il 43,7% degli intervistati viveva in abitazioni di proprietà e il 42,0% in affitto, la situazione nel post separazione risulta decisamente alterata: dichiara di aver cambiato abitazione l’87,7% degli uomini contro il 53,1% delle donne.
Nel dettaglio delle situazioni si evidenzia che:
- si dimezza la percentuale di coloro che vivono in una casa di proprietà (si passa dal 43,7% al 20,3%);
- diminuisce notevolmente la percentuale delle persone in affitto (dal 42,0% al 26,7%);
- aumentano vistosamente le situazioni di precarietà abitativa: cresce il numero di persone che vivono in coabitazione con familiari ed amici (dal 4,8% al 19,0%), che ricorrono a strutture di accoglienza o dormitori (dall’1,5% al 18,3%), che vivono in alloggi impropri (dallo 0,7% all’5,2%)
Oltre ad una diminuzione dello standard di benessere materiale ( in primo luogo vanno ricordate le difficoltà occupazioni) , dalle interviste si riscontra anche un peggioramento dello stato di salute.
I disagi che registrano maggiori aumenti (in punti percentuali) sono soprattutto quelli che afferiscono all’area psicologico/relazionale: senso di solitudine (+ 33,1) e di fallimento (+28,9), mancanza di fiducia negli altri (+27,9), senso di inadeguatezza del ruolo genitoriale (+23,1), senso di colpa (+19,5),mancanza di fiducia in sé (+19,4).
Aumentano vistosamente anche alcuni sintomi dell’area psicosomatica: la depressione (+22,1), l’insonnia (+19,1), i disturbi dell’umore (+12,6) e gli attacchi di panico (+9,0).C’è poi la particolare condizione di disagio dei padri nel mantenere le relazioni con i figli, in momenti importanti quali la frequenza di incontro, gli spazi di vita e i luoghi di incontro, il tempo da dedicare alla relazione, la possibilità di partecipare a momenti importanti quali compleanni, ricorrenze, feste, ecc.