Iniquo e scarsamente efficiente. Sono le caratteristiche del welfare all’italiana. Due proposte di riforma economicamente compatibili.
L’8 aprile scorso a Milano l’Associazione per la Ricerca Sociale (Ars) in collaborazione con l’Istituto per la Ricerca Sociale (Irs), nel corso del “Terzo incontro nazionale per una riforma delle politiche sociali” ha presentato le proprie proposte di riforma del welfare, basate su criteri di equità ed efficacia, sulla agibilità e sostenibilità di cambiamenti di tipo strutturale.
La proposta IRS (Costruiamo il welfare dei diritti, a cura di Emanuele Ranci Ortigosa e pubblicata su Prospettive Sociali e Sanitarie, 2016) si caratterizza per tre punti:
- Considera l’intera spesa sociale, nel riconoscimento delle interazioni fra le diverse componenti.
- E’ una proposta fondata sui dati sui dati (relativi sia alla situazione attuale che alla simulazione dei possibili effetti distributivi dei cambiamenti auspicati) e sui dettagli organizzativi.
- È una proposta radicata su un solido bagaglio valoriale. I punti di partenza possono essere così riassunti.
LA SPESA TOTALE PER ASSISTENZA
La spesa sociale, al netto della componente previdenziale ed intesa nel suo complesso (trasferimenti alle famiglie – incluse le detrazioni Irpef- trasferimenti contro la povertà – incluse le integrazioni al minimo – e trasferimenti per l’invalidità) arriva oggi in Italia a circa 72 miliardi di euro (il 4,5% del PIL), importo che nel 2017, secondo l’ultima legge di stabilità, dovrebbe salire a 75 miliardi: valori, afferma l’IRS, che sono in linea con quanto mediamente si spende, per lo stesso comparto di spesa, negli altri paesi europei.
I BENEFICIARI NON SONO GLI ULTIMI
Dove sta la differenza invece? Che in Italia a beneficiare della spesa sono in particolare le famiglie con il livelli più alti dei valori ISEE, e non i più bisognosi: secondo dati Eu-Silc nel 2013 risulta che il 44% delle famiglie in povertà assoluta (dal 2008 al 2014 pressoché raddoppiata con oltre 4 milioni di persone ed 1,7 milioni di famiglie che non riescono a consumare un paniere di beni essenziali) non riceve in Italia alcun aiuto così come non riceve alcun aiuto il 31% delle famiglie con i valori più bassi ISEE (il primo decile).
I più poveri , quello che hanno il reddito più basso, sono incapienti e così non possono beneficiare di due miliardi di detrazioni per oneri familiari.
Fatti i debiti conti più di un quarto della spesa sociale (sempre nell’accezione sopra richiamata) beneficerebbe, invece, famiglie nei quattro decili superiori dell’ISEE.
Non solo vien dato meno ai più bisognosi ma si dà anche con modalità incoerenti rispetto ai bisogni: per tutti valga l’esempio della Indennità di accompagnamento per i non auto-sufficienti, costituita da un importo indifferenziato a prescindere dalla gravità delle condizioni di non auto-sufficienza: in Italia si stima vi siano circa 2.800.000 persone anziane non autosufficienti e oltre 700.000 persone disabili, di età compresa fra 0 e 64 anni, che non godono di sostegni proporzionati ai loro bisogni di assistenza.
La spesa sociale, che non è bassa riferita agli paesi europei, è perciò largamente segnata da
- iniquità orizzontali – differenze nei trattamenti o, addirittura, assenza di trasferimenti a parità di bisogno – e verticali – trasferimenti maggiori a chi ha meno bisogni –
- forte sperequazione a danno dei servizi e a favore dei trasferimenti monetari, quasi quasi l’86% della spesa sociale complessiva (da parte dell’Inps e dei comuni) e , dato che molti trasferimenti dipendono dalle risorse locali, i contesti più poveri sono anche quelli che hanno meno risorse da investire.
LA PROPOSTA IRS
La proposta intende contrastare la frammentazione, la categorialità e le complessive incoerenze della spesa sociale odierna, con l’introduzione di regole il più possibile uniformi e basate sullo stato di bisogno, dalle quali non discende omogeneità di trattamento ma si punta alla necessità di una personalizzazione degli interventi: le regole devono valere, in modo uguale per tutti, con riferimento allo stato di bisogno e non ad altri criteri così come vanno potenziati i servizi e ricercate le complementarità fra comparti di spesa.
Per questo l’IRS propone
- l’introduzione di un reddito minimo contro la povertà assoluta quale livello essenziale delle prestazioni, cui potrebbero accedere tutte le famiglie con reddito disponibile equivalente inferiore, appunto alla soglia di povertà assoluta, e con un ISEE inferiore ai 12.000 euro. Per accedere al reddito minimo è necessario ci sia la disponibilità a lavorare o, più, in generale, a partecipare ad un patto di inclusione attiva.
- Al reddito minimo dovrebbe affiancarsi da una nuova misura di sostegno al costo dei figli, l’Assegno per minori (nonché per figli a carico fino a 25 anni di età, se studenti). L’assegno, che sostituirebbe le detrazioni per i minori a carico (le altre detrazioni permarrebbero) e gli assegni al nucleo familiare oggi esistenti, sarebbe selettivo, anch’esso, sulla base dell’ISEE. Ammonterebbe a 3600 euro all’anno a figlio (la somma è coerentemente aumentata al crescere del numero dei figli) per famiglie con ISEE fino a 15.000 euro. Oltre tale soglia, diminuirebbe gradualmente fino a azzerarsi per le famiglie con un ISEE superiore a 25.000 euro.
- Per la disabilità le attuali pensioni per invalidi, ciechi e sordomuti dovrebbero essere sostituiti da un’unica pensione d’invalidità ed al posto della indennità di accompagnamento dovrebbe essere introdotta la Dote di cura. Alla pensione d’invalidità si accederebbe se si rientra in determinati parametri ISEE mentre la Dote di cura dovrebbe essere erogata a tutti a prescindere dalle condizioni economiche: a differenza dell’Indennità di accompagnamento gli importi non dovrebbero essere uguali ma modulati su tre livelli di disabilità e, accanto al trasferimento monetario senza vincolo di destinazione, dovrebbe esser prevista la possibilità di ricevere la dote sotto forma di voucher vincolato alla fruizione di determinati servizi, con un incremento degli importi del 30%. La proposta prevede che alla Dote si aggiunga un Budget per l’inclusione, anch’esso da considerarsi livello essenziale di prestazione, con funzione complementare, ai fini della co-programmazione di percorsi personalizzati di assistenza.
I COSTI DELLA RIFORMA
La riforma potrebbe essere realizzata a costo zero, eliminando le iniquità verticali oggi esistenti cioè azzerando i trasferimenti goduti dai più abbienti ma, tenuto conto delle inevitabili resistenze, l’IRS propone una strada meno drastica (con abbattimenti, ma non totale azzeramento, nelle tutele per chi sta meglio). Il costo aggiuntivo sarebbe, però, assai contenuto, pari a 5 miliardi (per memoria, lo stanziamento per il bonus degli 80 euro ammontava nel 2015 a 10 miliardi).
http://secondowelfare.it/primo-welfare/inclusione-sociale/costruiamo-il-welfare-dei-diritti.html
http://www.eticaeconomia.it/equita-e-spesa-sociale-la-proposta-dellirs/