Dalla ricerca della Fondazione Turati sul pianeta anziani
Le preoccupazioni
Riguardo alla fase attuale di vita, una quota maggioritaria degli anziani (42%) non vuole problemi, vuole vivere in tranquillità e prendere meno impegni possibile. E’ il distacco dai problemi reali della terza età, da una parte conseguenti al rilassamento atteso dopo aver chiuso la fase del lavoro, dall’altra, invece, indicatore di una condizione psicofisica all’insegna della precarietà e ingigantita da una peggiore condizione economica.
C’ è poi un terzo di anziani (30%) che ha si propone al servizio della famiglia, anche per l’accresciuta disponibilità di tempo rispetto a quando erano impegnati sul lavoro ma soprattutto al desiderio di contribuire in qualche modo, di sentirsi utili per i propri cari anziché un peso per i figli o per la società
Di fatto tra gli assistiti la voglia di tranquillità raggiunge il 51% contro il 38,4% dei non assistiti. Incide il livello di istruzione ed infatti solo il 20,7% dei laureati la indica contro il 52% di coloro che sono privi di titolo di studio. L’estraniazione dai problemi appare una condizione subita per chi segnala grosse difficoltà economiche ad arrivare a fine mese (45,8%) rispetto a chi invece ci arriva facilmente (24,4%). L’altra discriminante netta è l’età: ben il 56,2% degli ultrasettantacinquenni sceglie questo rinchiudersi al proprio interno mentre l’apertura al mondo ed ai suoi problemi prevale ancora tra 60 e 65 anni, fascia nella quale solo il 26,5% opta per questa sorta di volontaria clausura.
L’articolazione regionale mostra precise “specializzazioni”: la ricerca di tranquillità, la fuga degli impegni è il tratto distintivo degli anziani pugliesi, mentre l’impegno per la famiglia caratterizza maggiormente i toscani mentre gli anziani del Lazio mostrano una più consistente propensione alla solidarietà ed al sociale.
Le paure
Circa i due terzi degli anziani testimonia di non soffrire di alcuno stato d’animo capace di generare insicurezza, irrequietezza. : sono ovviamente gli anziani autosufficienti, in ottima salute e con un buon tenore di vita, generato da un valido percorso di studi con una convincente carriera professionale: insomma meglio essere sani e benestanti, che malati e poveri
Per l’altro terzo di anziani invece, paure e minacce percepite, da stati d’animo negativi, tendono a delineare situazioni psicologiche ad alto rischio: se legate a limitazioni fisiche e economiche, questi stati costituiscono un mix demolitore per la prospettiva di vita rimasta per l’anziano.
È soprattutto la condizione economica a fare la differenza, come testimonia l’85,3% di chi arriva a fine mese facilmente contro il solo 35,9% di chi è alle prese con i problemi quotidiani della sopravvivenza, e poi il titolo di studio con i laureati al 72,4% contro il 52,6% di chi non ha titoli di studio. Essere più giovani, maschi e non assistiti costituisce un vantaggio rispetto ai più anziani, donne e non autosufficienti
La rabbia contro se stessi e contro gli altri non è lo stato d’animo più ricorrente (6% degli anziani, poco meno di un sesto di coloro che denunciano preoccupazione diffusa e esposizione alla fragilità) ma è sicuramente quello più grave perché caratterizzato da aspetti che segnalano massima pericolosità nella persona: minima autosufficienza (necessita di cure costanti per molte funzioni giornaliere), minima disponibilità economica e scarsa capacità di proiettarsi verso il futuro con nuove attese e speranze.
Più diffuso (17%) è l’atteggiamento di sconforto legato a tristezza e depressione. Presenta le stesse caratterizzazione di chi soffre di rabbia, pur con una minore gravità. . Il tratto che più accumuna questo stato con il precedente è la ridotta autonomia della persona, ugualmente bisognosa di assistenza, il tratto che invece li differenzia è che si manifesta maggiormente negli anziani che vivono con altri familiari e con i figli, un problema diverso da gestire proprio per quelle persone care che si occupano della loro vita.
Per il 12% di anziani, un terzo di quelli soggetti a turbe psicologiche, si rileva la comparsa di fenomeni di ansia ripetuta; è una manifestazione legata soprattutto a problemi di carattere economico che si rafforza tra coloro che non hanno ancora raggiunto il livello più grave di dipendenza.
Sono gli anziani toscani a mostrare un assai più diffuso sentimento di tristezza e depressione mentre nel Lazio si è presi – più che nelle altre due regioni – da rabbia contro se stessi e gli altri.
Tre draghi turbano l’animo degli anziani: diventare invalidi (38%), perdere le capacità mentali (35%) e la solitudine (19%).
La paura dell’invalidità e della perdita dell’autosufficienza appare distribuita in misura uniforme all’interno del campione: caso mai è da sottolineare come sia più accentuata tra gli autosufficienti (41%) rispetto ai non autosufficienti (31,5%) che già fanno i conti con questa condizione. È una paura che aumenta con il progredire dell’età via via che ci si avvicina alla soglia nella quale le probabilità di precipitare in questa condizione diventano maggiori, per poi attenuarsi progressivamente rimanendo tuttavia incombente nell’orizzonte di vita.
La paura di perdere le capacità mentali penetra senza sostanziali differenziazioni nell’universo indagato: una paura che colpisce di più chi ha più scommesso sull’istruzione e teme l’indifferenziato livellamento (laureati 42,6%, senza titolo 34,2%) e più le donne che gli uomini (37,2% contro 33,1%) soprattutto perché verrebbe meno le responsabilità assunte nei confronti della famiglia.
Dopo la perdita dell’autosufficienza, vuoi per le peggiorate condizioni fisiche, vuoi per la caduta del pieno possesso delle capacità mentali, la preoccupazione principale che investe un quinto degli anziani è la paura della solitudine. Occorre aggiungere che riguarda soprattutto anziani “soli” in casa propria, dove vivono con altri anziani o con la badante, non più assistiti dai figli nonostante la necessità conseguente alla condizione di non autosufficienza. Una paura che appare più avvertita tra i non autosufficienti (24,2% contro 17,2%), e da chi dispone di minore istruzione (20,8% dei senza titolo contro il 15,2% dei laureati) e, per ricordare che i soldi non sono tutto, fra chi non ha problemi economici 24,8% contro 20,4% di chi sopravvive in mezzo alle difficoltà.
Gli anziani della Toscana avvertono più degli altri (42%) la paura di perdere le capacità mentali mentre nel Lazio il timore più diffuso è quello della invalidità (39%) mentre la paura della solitudine segna gli anziani di Puglia più di quelli delle altre due regioni.