In un articolo recentemente pubblicato su Il Sole 24 Ore “L’Alzheimer fa paura (ma meno)” il professor Arnaldo Benini, sulla base di diversi dati epistemologici e statistici raccolti in varie parti del mondo con rigore e con metodologie condivise , suggerisce che possano indicare la riduzione del rischio della malattia (AD) anziché il progressivo, inarrestabile incremento finora previsto.
Uno studio epidemiologico condotto in Spagna, Olanda, Regno Unito e Svezia ha accertato come nel Regno Unito e in Spagna l’incidenza di AD sia diminuita, nelle ultime generazioni, del 22% e del 43% mentre in Olanda e Svezia si mantiene stabile: secondo un altro studio in Inghilterra nel 2015 i colpiti da AD sono stati 210mila anziché i 250mila stimati sulla base delle proiezioni degli ultimi decenni.
Il miglioramento riguarda ad esempio indifferentemente sia abitanti caucasici che afroamericani, come dimostra uno studio di una importante università del New England che ha seguito la storia clinica di 5.200 persone seguite dal 1975, dopo che avevano superato i 60 anni: nel 2008 380 erano ammalate di AD, tuttavia con una progressione decrescente, 36 persone su mille all’anno agli inizi, successivamente 20 su mille, con l’innalzamento dell’età media dei primi deficit mentali da 80 a 85 anni.
I nuovi dati potrebbero indicare fattori di rischio e corroborare l’efficacia di misure preventive.
In molte aree in rischio di ammalarsi di AD sembra ridursi della metà, probabilmente in virtù della riduzione nelle stesse aree della frequenza e mortalità delle malattie cardo vascolari: è ipotizzabile che il mantenimento di una buona circolazione del sangue contribuisca alla buona salute del cervello, anche se questo più che sul rischio di AD sul rischio di AD potrebbe diminuire l’arteriosclerosi, seconda causa di demenza dopo l’AD, difficile da distinguere dall’AD nella fase iniziale, identica negli stadi avanzati.
Altri dati mettono in evidenza il numero estremamente basso di ammalati di AD fra laureati, diplomati e persone con attività intellettuale rilevante, pur con evidenti eccezioni specie fra gli obesi e i diabetici: è ipotizzabile che la persona istruita e benestante curi e prevenga disturbi circolatori con maggior attenzione e disciplina.
Le raccomandazioni per tutti i malanni ( esercizio fisico, niente fumo, poco alcol, dieta sana, normale colesterolo nel sangue, peso corporeo nei limiti, controllo della pressione arteriosa, cura della depressione e dell’eventuale diabete) valgono evidentemente anche per l’AD: è normale che la persona istruita le tenga in considerazione e le pratichi con maggior disciplina così come svolga più intensamente quella attività intellettuale che é considerata da alcuni gerontologi la ginnastica dei neuroni per tenerli attivi il più a lungo possibile
L’articolo tuttavia raccomanda estrema cautela perché il numero delle persone colpite continua comunque a crescere, anche se meno di un tempo, per l’aumento della popolazione oltre gli 85 anni: anche se il rischio di ammalare sembra diminuito del 20% in ogni gruppo d’età di 10 anni, un aumento di 4 volte il numero attuale nei prossimi decenni è considerato ancora probabile
Di seguito il link per leggere l’articolo sul Sole24Ore:
http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2016-06-02/l-alzheimer-fa-paura-ma-meno-164718.shtml