In Italia vi sono numerose scuole paritarie (le cosiddette scuole private) che, in funzione della legge 62/2000, svolgono un servizio pubblico. In virtù di ciò, esse hanno l’obbligo assoluto di accogliere al proprio interno alunni affetti da handicap. Il problema sorge, tanto per cambiare, per quanto concerne l’aspetto economico ovvero sui costi da destinarsi agli insegnanti di sostegno. Se la scuola paritaria è parificata, ovvero convenzionata con il MIUR, le spese per i docenti di sostegno sono a carico del ministero. Ma se la scuola è solamente parificata allora ha diritto esclusivamente ad un budget annuale globale non molto alto, che il più delle volte non copre l’intero costo necessario al sostegno degli allievi affetti da handicap. In alcuni casi le scuole possono richiedere alle famiglie di contribuire con rette aggiuntive al sostegno del proprio figlio. Ma, per lo più, visti anche i ritardi con il quale lo Stato fa pervenire loro questi contributi, esse scoraggiano o addirittura rifiutano l’iscrizione di allievi affetti da handicap al loro interno.
E’ bene ricordare che il no è illegale. Infatti, il decreto ministeriale 83/08, contenente le linee guida che regolano le modalità per il riconoscimento della parità scolastica e per il suo mantenimento, specifica che il gestore deve dichiarare l’impegno ad applicare le normative vigenti in materia di inserimento di studenti con disabilità, con difficoltà specifiche di apprendimento o in condizioni di svantaggio. La verifica di tali ottemperanze è demandato all’Ufficio Scolastico Regionale che, in caso di verificata inadempienza da parte di un istituto paritario, può provvedere, in caso di mancato ripristino della legalità, alla revoca della parità.
Pertanto, se un genitore dovesse vedersi negare l’iscrizione del proprio figlio a una scuola paritaria, può presentare regolare denuncia alla Procura della Repubblica.