Sei anni di vita in più per i maschi e cinque per le donne: questo è il beneficio di una vita attiva ed equilibrata secondo uno studio pubblicato sul British Medical Journal in cui vengono contabilizzati i benefici di molti altri fattori, come abitudini di vita, variabili sociali ed economiche.
ATTIVITÀ – La parola chiave è “attivi”: questo è l’aggettivo che usano i ricercatori svedesi per fare un ritratto della persona in età ormai matura candidata a beneficiare di qualche anno di esistenza in più come premio per una condotta corretta. E dietro questo termine c’è molto: attivi fisicamente, questo è ovvio, ma anche come spirito, come atteggiamento mentale. L’elogio dell’attività, in contrapposizione alla passività, proviene da uno studio svedese condotto dai ricercatori del Karolinska Insistute che hanno reclutato un piccolo esercito di 1.810 persone over 75 seguendole per un periodo di 18 anni durante i quali hanno monitorato stili di vita e comportamenti, quantificando addirittura ogni abitudine (sana e malsana) in termini di anni di vita in più o in meno.
IL PREZZO DELLE CATTIVE ABITUDINI – Fumare per esempio significa mediamente un anno di vita in meno (si intende che il campione registra chi è già arrivato al traguardo dei 75 ed esclude ovviamente coloro che hanno già scontato il vizio del fumo con una morte prematura), ma dai quasi duemila dati analizzati dai ricercatori svedesi risulta che chi ha avuto la forza di volontà di dire addio per sempre alla sigaretta durante la mezza età riesce a vivere addirittura più a lungo rispetto ai colleghi non fumatori. Nuotare, camminare e fare ginnastica regalano invece mediamente due anni di vita, senza contare chiaramente la qualità di quel pezzo di vita aggiuntivo, e avere una vita socialmente ricca si traduce in un ulteriore anno e mezzo in più (1,6 per l’esattezza). Se si mettono insieme tutti questi comportamenti positivi si arriva a un totale di sei anni per gli uomini e cinque per le donne di vita vissuta, validi persino per gli over 85 e per coloro che soffrono di patologie croniche.
I CRITERI DI ANALISI – La ricerca fa parte di un programma più vasto, denominato “Kungsholmen Project”, e dedicato allo studio della demenza in età senile. Il valore aggiunto dello studio sta nell’aver individuato e quantificato la correlazione esistente tra i comportamenti di vita e il tasso di mortalità in età ormai avanzata, legame diverso ovviamente da quello esistente tra abitudini di vita e mortalità in età giovanile. Dei 2.368 partecipanti iniziali, reclutati in un distretto centrale di Stoccolma, 181 sono deceduti nel corso della ricerca, 69 non erano più intercettabili, e 308 hanno rifiutato. Tutte le variabili emerse nell’analisi, come titolo di studio, livello socio-economico, sesso e occupazione, sono state dedotte da intervisteface-to-face ai volontari.
NON È MAI TROPPO TARDI – Gli studiosi, nel commentare la ricerca, hanno voluto sottolineare che non è mai troppo tardi per pensare alla propria salute e gli stessi dati sui fumatori offrono una speranza concreta a chi ha sbagliato, ma cerca di rimediare. È ingiusto pensare che “nel mezzo del cammin di nostra vita” il bilancio sia già chiuso, così come è errato credere che i danni siano già stati fatti “e tanto vale esagerare”. L’atteggiamento distruttivo è quanto di più insensato per chi ha vissuto disordinatamente: i dati svedesi dimostrano molto esplicitamente che tutto si può correggere e si è ancora in tempo per cambiare e porre rimedio. Anzi, pare che il destino abbia una simpatia per i peccatori pentiti, arrivando addirittura a premiare il figliol prodigo che ha fumato ed è riuscito a smettere, rispetto a tutti coloro che non hanno mai ceduto alle lusinghe della sigaretta.
Emanuela Di Pasqua
Corriere della Sera del 31 aogsto 2012